Gli attacchi di Beirut e gli attentati di Parigi sono caduti a 24 ore di distanza, con la medesima matrice: l’Isis. La strategia, anche, è la stessa: incursione nel centro cittadino, nel cuore di una capitale, affinché il nemico si convinca di non essere al sicuro, neanche in casa sua. Nemico: se la Francia di Hollande ha pagato il suo intervento militare in Siria (il Califfato è stato chiaro: voi colpite noi, noi colpiamo voi), il Libano paga la partecipazione delle milizie sciite Hezbollah al conflitto siriano. E’ ancora presto per dirlo, ma è possibile che esista una sottile linea rossa fra Beirut e Parigi.
Alla nostra domanda: “cosa succede in Libano?”, il ricercatore Matteo Bressan* risponde: “nel momento in cui la coalizione composta dall’esercito di Assad, gli iraniani, gli Hezbollah e i Russi stava iniziando ad ottenere alcuni significativi (in Siria, nda), è arrivato il duplice attentato di Beirut”. Azioni punitive che coinvolgono attori del conflitto civile, pur se con ruoli diversi: la Francia attacca i terroristi, rifiutando il dialogo con al Assad; il Partito di Dio è, invece, elemento importante della coalizione di Damasco, nonché di confessione sciita. E, lo abbiamo visto anche in Pakistan a marzo, gli sciiti sono uno degli obiettivi della macchina da guerra di al Baghdadi.
Il Califatto, d’altronde, continua ad essere sul “campo”: la tregua siglata nel corso dei colloqui di Vienna, infatti, non riguarda le milizie jihadiste, come rimarcato anche dal segretario di Stato americano John Kerry.
Dott. Bressan, come interpretare l’attentato di Beirut?
E’ sia contro Hezbollah, sia contro i palestinesi. Il duplice e coordinato attacco è avvenuto nelle vicinanza di uno dei più importanti campi palestinesi, sito in Burj al Barajneh, a sua volta all’interno del quartiere del Dahiyeh, la roccaforte di Hezbollah. Il fatto che circoli in queste ore la notizia, non confermata, che gli attentatori fossero palestinesi, può rappresentare un ulteriore elemento per la destabilizzazione del Libano, andando ad aprire un focolaio di odio tra la popolazione sciita della zona e i palestinesi. In questa ottica e in considerazione del fatto che diversi campi palestinesi si trovino in Libano a ridosso di aree a maggioranza sciita si può dire che l’attentato aveva come bersaglio anche i palestinesi. Le stesse dichiarazioni di condanna dell’attentato da parte dell’ex Primo Ministro di Hamas, Isma’il Haniyeh e i palestinesi accorsi sul luogo dell’attentato per manifestare la propria vicinanza alle vittime sono segnali importanti così come la condanna unanime da parte di tutte le forze politiche libanesi nei confronti dell’attacco.
Il ruolo del Partito di Dio nella guerra civile in Siria è stato, davvero, incisivo?
Il coinvolgimento di Hezbollah nella guerra siriana è stato ed è strategico ai fini della tenuta del regime di Assad. Oggi molti si stupiscono del fatto che il Partito di Dio sia a tutti gli effetti un componente di primissimo piano della coalizione che sostiene Assad ma guardando al passato e alle scelte che sono state fatte non vi è nessuna anomalia. Quello che è certo è che il movimento ha avuto ed ha sostenuto gravi perdite sia militari, sul campo di battaglia, che umane, con gli attentati nei quartieri sciiti, tanto che molti osservatori ritengono che Hezbollah abbia avuto più vittime nel conflitto siriano che non nella lunga lotta contro Israele. Oggi gli Hezbollah sono la milizia più attrezzata, che può vantare il fronte pro-Assad,sul campo di battaglia tanto che i miliziani del Partito di Dio indicherebbero e fornirebbero dati e bersagli da colpire all’aviazione russa da quello che si apprende da importanti analisti iraniani.
Quali saranno le prime contromisure del governo di Beirut?
Il governo è in stato di massima allerta e nella giornata di ieri l’esercito libanese aveva anche sventato un attentato a Tripoli, nel Nord del Paese, che si sarebbe dovuto compier contemporaneamente agli attacchi di Beirut. Di fatto le misure di sicurezza adottate dal governo libanese, così come l’apparato d’ intelligence di Hezbollah, sono riuscite in questi anni a sventare e a contrastare diversi attacchi. Va detto e ricordato però che il Libano non è da ieri, ma dall’inizio della crisi siriana una polveriera dove molti attori sono in grado di operare e destabilizzare.
Russia: la road map** di Putin parla, anche, di un potenziale coinvolgimento delle milizie pro Assad nell’esercito siriano del dopoguerra. Che ne pensa?
Diciamo subito che l’iniziativa militare russa è stata preceduta e continua ad esser accompagnata da un’intensa attività diplomatica svolta dal Presidente Putin con i principali attori del conflitto siriano. Sebbene ci siano ancora forti distanze con la coalizione internazionale e vi siano anche molte preoccupazioni da parte della NATO circa le reali intenzioni del dispiegamento di forze russo in Siria si sta delineando un metodo di gestione della crisi. Indubbiamente dopo 4 anni di guerra il solo fatto che la scorsa settimana si siano seduti intorno al tavolo Stati Uniti,Russia Iran, Arabia Saudita, Turchia ed Egitto è una notizia. Lo schema che si sta delineando va oltre l’inserimento delle milizie all’interno delle Forze Armate siriane e oggettivamente non credo che né gli Hezbollah nè gli iraniani vorranno restare all’infinito in una Siria pacificata. Quello che ora farà la differenza in previsione dei negoziati saranno le capacità delle due coalizioni di ottenere vittorie sul campo contro nemici talvolta differenti e il raggiungimento o meno della transizione in Siria. Chi saprà estendere maggiormente la propria sfera d’influenza avrà le migliori carte da giocare al tavolo che deciderà le sorti della Siria.
*analista presso il NATO Defense College Foundation
**presentata a Vienna nel corso dei colloqui fra i cinque membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.