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Home Esteri

Intifada dei coltelli. Arpino: “Escalation? Non conviene né a Fatah né ad Hamas, forza di governo”

by Marco Petrelli
21 Ottobre 2015
in Esteri, Le interviste
0

maxresdefaultIsraele: siamo di fronte ad una terza intifada? Malgrado l’ondata di ferimenti di militari e civili israeliani ad opera di giovani palestinesi, secondo il generale Mario Arpino non esistono le basi per una nuova campagna contro Tel Aviv. Lo dimostra, spiega l’ufficiale, “sono stati uccisi subito. Fosse stato un movimento spontaneo voluto dai ‘capi’ qualcuno avrebbe dato loro un giubbotto esplosivo“, aggiungendo anche che ad “Hamas che si propone come forza di governo certo non conviene, né tanto meno a Fatah”. Azioni isolate, di giovani esaltati come quelli che, dall’Europa e non, tentano di arrivare in Siria per arruolarsi nelle file del Califfato islamico.

Attacchi all’arma bianca contro soldati israeliani. Strana tattica, di cosa si tratta?

arpino“Si tratta per lo più di giovani frustrati e arrabbiati, ragazzi e ragazze a suo tempo educati nelle madrasse, e quindi predisposti al martirio. Accoltellare un israeliano in pubblico significa fasi uccidere subito dopo. O durante. Infatti sono stati uccisi quasi tutti e le loro case rase al suolo. Se non fosse stato un movimento spontaneo, fastidioso per la stessa Hamas, ma voluto dai “capi”, qualcuno avrebbe dato loro un giubbotto esplosivo, che non si trova in commercio come un qualsiasi coltello da cucina. Sono paragonabili ai giovani europei che vanno in Siria ad arruolarsi nell’Isis, sapendo che difficilmente ne usciranno vivi“.
Siamo di fronte a una terza intifada?

“Assolutamente no, ad Hamas che si propone come forza di governo certo non conviene, né tanto meno a Fatah. E’ pericoloso far studiare i ragazzi da martiri e poi non finalizzarli, perdendone il controllo. Finiranno per combinare dei guai, ed è esattamente ciò che stanno facendo“.
Può essere ipotizzabile una connessione fra gli attacchi a Israele e la scelta palestinese di schierarsi con Putin e Assad?

“Non credo proprio. Questo presupporrebbe una strategia ed un’ organizzazione che in questo caso non esistono. Certo, Israele resta il nemico, ma è proprio questa scelta palestinese a sconsigliare a Putin e ad Assad di favorire un allargamento del fronte. Al momento, Israele bada alla propria sicurezza interna ed evita di intervenire all’esterno. Osserva le mosse, ma non si muove, lasciando la coppia russo-siriana libera di concentrarsi nella direzione che le è più utile. Questi giovani accoltellatori fai-da-te, invece di aiutare, stanno rompendo le uova nel paniere a chi una strategia precisa la sta gia’ seguendo da anni“.
Palestina contro Isis, ma al fianco di Damasco, nemico giurato di Israele. Nell’ottica di una piu’ ampia campagna contro il Califfato, quali saranno le mosse, diplomatiche e militari, di Tel Aviv a Gaza?

“Il Medioriente è la terra dei paradossi, ma in questo caso non è cosi. Hamas e Fatah sono contro l’Isis, sunnita, esattamente cosi come lo e’ l’Arabia Saudita. Gli estremisti, specie quelli religiosi, non tollerano che quello che considerano il proprio campo d’azione venga invaso da altri estremisti, ancora piu’ motivati e convinti. Sarebbe, in primo luogo, una erosione di potere, oltre che uno spostamento di obiettivi. E’ vero che l’odio per Israele accomuna, ma solo fino a quando non fa collidere gli interessi di ciascuno. In questo quadro, sia Israele che i palestinesi “ufficiali” detestano e puniscono gli accoltellatori. Il fatto che, innaturalmente, i sunniti di Hamas e Fatah fiancheggino in qualche modo lo sciita Assad e il suo padrino Putin contro i sunniti dell’Isis a Israele non può che far piacere. Meglio avere per vicino un nemico conosciuto, ma controllabile, come il regime alauita di Assad, piuttosto che dei fanatici tagliagole. Martiri per vocazione e per precetto“.

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Tags: intifadaisraelemario arpinopalestina

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