Anche se il nuovo governo ancora non si vede all’orizzonte, è doveroso chiedersi quale sia la politica industriale di un Paese che da una parte incentiva massicciamente il settore aereonautico e della difesa e dall’altra non esprime una posizione, o peggio, subisce le scelte del management di una delle holding più importanti del nostro Paese: Finmeccanica. Ci si riferisce alle vicende, recentemente tornate alla ribalta delle cronaca politica, legate alla cessione dei gioielli di famiglia di Ansaldo Energia e Ansaldo Trasporti da parte del gruppo Finmeccanica. Leggendo la “Relazione sugli interventi di sostegno alle attività produttive 2012”, pubblicata recentemente dal Ministero dello Sviluppo Economico, si scopre infatti che nel 2011, in piena crisi economica, lo Stato italiano ha concesso alle imprese del settore aereonautico, per lo sviluppo tecnologico sia in campo militare che civile, il 25% del totale delle risorse pubbliche disponibili a sostegno delle attività produttive.
Dal documento del MISE, emerge che la legge 808/85 (“interventi per lo sviluppo tecnologico e l’accrescimento di competitività per le imprese aereonautiche”) è tra gli strumenti più importanti di politica industriale in termini di risorse stanziate dal nostro Paese. Tra il 2006 e il 2011, lo Stato ha concesso agevolazioni pari quasi a 3 miliardi di euro per sostenere la competitività e lo sviluppo tecnologico in un settore fortemente legato al comparto delle difesa e della sicurezza. Nell’ultima Legge di Stabilità è stato previsto uno stanziamento di 8,4 miliardi, dal 2013 al 2028, per la Legge 808/85.
Una decisione in questo senso era certamente molto attesa ed auspicata da Finmeccanica. L’ex presidente, Giuseppe Orsi, arrestato lo scorso 12 febbraio con l’accusa di corruzione internazionale, aveva infatti criticato duramente la scelta del governo di non finanziare neanche per il 2013 la Legge 808, così come era accaduto l’anno scorso, con un duro intervento sul Sole24Ore dal titolo inequivocabile, «Se lo Stato taglia le ali all’aeropazio». Recentemente sono riemersi i rumor relativi alla cessione da parte del gruppo Finmeccanica di alcune aziende controllate – Ansaldo Energia e Ansaldo Trasporti (Ansaldo Breda e Ansaldo Sts) – strategiche per l’industria nazionale sia in termini occupazionali che di sviluppo tecnologico in settori importantissimi come l’energia e i trasporti.
Quello che ci si chiede è se il nuovo governo abbia interesse ad aprire un dossier sulla governance di Finmeccanica, in modo da occuparsi più delle strategie industriali e tecnologiche che della cronaca giudiziaria. Si rileva infatti, viste le ingenti risorse pubbliche stanziate, che i governi italiani siano più interessati agli asset di Finmeccanica legati al comparto della difesa, piuttosto che a quelli orientati al settore civile. Ci si riferisce al settore dell’energia e dei trasporti i quali, nel dibattito europeo sul tema delle politiche a sostegno della ricerca e dell’innovazione, sono indicati come strategici per indirizzare lo sviluppo tecnologico e l’innovazione verso determinati bisogni sociali (mobilità, sostenibilità ambientale, etc..).
Uno strategia chiara da parte del governo nell’orientare le strategie di Finmeccanica è ancora più necessaria se si pensa che il governo italiano da una parte incentiva massicciamente, con le risorse che abbiamo visto, alcuni settori come l’aereonautica, dall’altra decide di non svolgere alcun ruolo nella vicenda relativa alla cessione da parte di una holding pubblica come Finmeccanica di asset strategici come Ansaldo Energia e Ansaldo Trasporti. La storia industriale dell’Italia è costellata di casi in cui lo Stato abdica al ruolo di guida per mancanza di visione e strategia o peggio per collusione con alcuni interessi di parte, avallando operazioni di svendita di asset industriali strategici per il nostro Paese, spesse volte con logiche esclusivamente di tipo finanziario.
Qui non ci si scandalizza del fatto che con risorse pubbliche destinate alla competitività dell’industria nazionale, si sostenga un comparto industriale fortemente orientato al settore militare, visto che molti paesi nel mondo lo fanno (si guardi la Francia), ma ci si chiede se ha un senso, da una parte incentivare fortemente l’industria aereonautica, sui cui effetti si sa ben poco e dall’altra parte lasciare che una holding pubblica strategica per l’industria nazionale svenda, per fare cassa, due asset fondamentali come l’energia e i trasporti.
Un altro aspetto da rilevare è che ad oggi si sa poco o nulla sulla spesa pubblica a sostegno del settore aereonautico ed in particolare sui risultati e sugli effetti attribuibili alle risorse impiegate attraverso la Legge 808/85. Sarebbe auspicabile che il nuovo governo si chiedesse e facesse sapere al paese chi sono le imprese a cui vengono erogati questi fondi pubblici, per quali progetti di investimento vengono impiegati, che tipo di impatto hanno sulla competitività, sull’occupazione e sull’avanzamento tecnologico. Speriamo che il nuovo ministro dello Sviluppo economico sia curioso come noi.