L’Unar ha rotto, di fatto, una prassi istituzionale intervenendo a gamba tesa su Giorgia Meloni “accusata” di aver alzato troppo i toni sul tema dell’immigrazione. A questo proposito pubblichiamo una lettera che l’avvocato Andrea Delmastro ha inviato proprio all’Unar e agli organi parlamentari in merito al caso che rappresenta un precedente a dir poco surreale nella storia parlamentare italiana. Qui di seguito, integrale, la missiva che in queste ore arriverà a Roma.
Sono un avvocato di periferia che contribuisce, seppur modestamente, a retribuirLa e – me nolente – a permettere che inutili e costosi carrozzoni pubblici procurino stipendi – immagino e mi auguro per Lei – lauti a chi svolge la professione di occhialuto e arcigno grande fratello virtuale e, contemporaneamente, di rigido censore con tentazioni torquemadesche.
Non ho potuto trattenere, leggendo la Sua missiva di stigmatizzazione all’On. Meloni, la reazione di mettere mano al mio portafogli per comprendere, quanto mi rimaneva, dopo essere stato premuto dalla pressione fiscale, per vivere.
Non Le dico – ma ovviamente con la rara intelligenza di ogni alto burocrate di Stato certamente non faticherà a comprenderlo – quali fossero i miei pensieri in ordine all’utilizzo dei soldi che sottraete a me, a mia moglie e ai miei figli.
Immagino la Sua stizza, dopo aver letto il mio esordio e comprendo che troverà volgare la mia allusione alla “vil pecunia”. E’ sempre così: chi li tira fuori è anche un cafone ed insensibile, chi li incassa veleggia sempre alto. Evito quindi di insistere sull’utilizzo dei soldi che mi prelevate con una tassazione – questa sì – da terzo mondo (ops….non se la prenda….è semplicemente un modo di dire) e da esproprio, e vengo diritto al punto.
Mi costituisco: le regalo un ulteriore italiano da correggere e riprogrammare, anche per conferire un senso ed una dignità al Suo altissimo ruolo sociale. Anche io la penso come. Giorgia Meloni. Penso che l’immigrazione – che pure nasce da fenomeno internazionali di indicibile sfruttamento, che pure nasce da fame e disperazione – debba essere fermata. Non riesco a sentirmi, solo perchè nato in Italia, colpevole dello sfruttamento delle multinazionali che ho sempre combattuto e che generano povertà in varie aree del mondo.
Ma soprattutto non capisco perché il prezzo di questi speculatori lo debbano pagare italiani del ceto economico medio basso che nulla ne possono e che soffrono la fatale microcriminalità collegata al mondo della immigrazione, che patiscono la concorrenza nel mercato del lavoro e che vengono scavalcati nell’erogazione dei servizi sociali da chi rappresenta ai loro occhi l’ultimo arrivato.
Anche io, come l’On. Giorgia Meloni, sto con coloro che hanno contribuito a creare la ricchezza di questa nazione e che, in un momento di difficoltà, pretendono preferenza nazionale, ovvero sia pretendono di ricevere qualcosa della ricchezza che hanno contribuito a creare. Non è anche questa una discriminazione?
Non scomodo nemmeno concetti inviolabili come quelli di Patria (sarebbe un dialogo fra sordi), ma anche in una visione banalmente societaria della Nazione, appare evidente che gli eventuali dividendi si distribuiscono prima agli azionisti e dopo agli ultimi arrivati.
Sì – lo confesso e senza vergogna – io mi sento rappresentato da Giorgia Meloni quando afferma che bisogna fermare l’immigrazione.Condivido – non so come dirglielo – ma condivido l’idea che come la disperazione genera l’immigrazione, quella stessa disperazione può generare comportamenti socialmente devianti che facilmente scivolano nella micro delinquenza, quando non diventano ostaggio della delinquenza organizzata.
Ma non basta!
Mi sento di aprirmi a Lei come un vero e proprio confessore laico delle mie più profonde e maleodoranti miserie e voglio liberarmi di ogni peso di questa coscienza non ancora riprogrammata da illuminati enti come quello da lei rappresentato, confidando nella sua superiore e certa commiserazione e comprensione. La dirò tutta…..credo anche io che sia necessario immaginare la capacità di accogliere per flussi legati a nazionalità…ecco così, di getto, Le ho detto tutto.
C’è – in verità – ancor una cosa: dato che queste cose le penso, mi capita di dirle.
Cioè – mi capisca – non voglio parlare da solo anche perché forse mi procurerei un problema maggiore e, quindi, queste cose le dico agli amici, agli avventori occasionali dei bar e degli uffici pubblici che frequento e, a volte, le scrivo anche ai giornali locali che- ahimè – hanno anche pubblicato questi miei pensieri impuri.
Ma v’è di più!
A volte ne parlo in casa con mia moglie e so che Lei non ha intenzione di sbirciare anche nelle mie quattro mura domestiche e nel rapporto intimo con mia moglie, ma adesso che ci penso Le debbo confidare che non escludo che i miei figli possano avermi sentito.
Atteso che sono convinto che i miei figli non abbiano fatto i delatori, nutro il fondato sospetto che se proprio non condividono, quantomeno non sono orripilanti dai miei pensieri.
Crede che almeno su di loro siamo ancora in tempo? Che debbo fare?
Ma torniamo a noi e al senso della mia missiva. Prima che Lei – con i potenti mezzi di cui l’Ufficio sono certo che dispone – venga a me, mi costituisco io, sperando che anche questo contegno possa essere valutato positivamente per ottenere degli sconti di pena, rispetto alla esecrazione pubblica alla quale mi vorrà esporre. Sono certo però che vorrà anche considerare che io contribuisco a pagarLe il suo meritatissimo stipendio e quindi che se Lei ha strumenti per grufolare nella vita altrui e comminare sentenze pubbliche di esecrazione in contumacia, un po’ lo deve anche a questo volgare avvocato di periferia che pensa e dice le stesse cose di Giorgia Meloni.
Grato se vorrà considerare e ponderare ogni circostanza del mio increscioso caso, prima di assumere la ferale e dovuta sentenza, Le invio distinti saluti, ossequiando profondamente la Sua altissima funzione sociale.