La scoperta è sensazionale, fantastica. L’Eni ha trovato, nel cuore del Mediterraneo a 107 chilometri al largo di Port Said sulle coste egiziane, uno dei più grandi giacimenti di gas naturale nel Mare Nostrum. La sfida è grande perchè è nelle vittorie – e non nelle sconfitte – che la caratura di chi si assume l’onere di governare deve venir fuori.
I dati sono entusiasmanti. Gli esperti hanno stimato il giacimento di Zohr- dislocato su un’area di cento chilometri quadrati – capace di produrre, potenzialmente, qualcosa come 850 miliardi di metri cubi di gas che sarebbero equivalenti a cinque miliardi e mezzo di barili d’olio. L’Egitto gongola, in un colpo solo si libera della dipendenza energetica (obiettivo programmato in cinque anni) e finisce per rimpinguare la sua capacità di esportazione di combustibili fossili, con un aumento stimato di circa un terzo sulle riserve nazionali.
E l’Italia? Intanto Eni si vede ripagata dei decenni investiti in terra d’Africa e, sembra, è pronta ad avviare la produzione da 200 milioni di barili d’olio fossile e 37 miliardi di metri cubi di gas inizialmente stimata per i prossimi quattro anni. Si consolida il ruolo di prima azienda impegnata nel settore nelle terre de Il Cairo.
Un giacimento così importante, soprattutto in chiave strategica e capace di spostare seriamente gli equilibri della geopolitica energetica tra Europa e Vicino Oriente, finirà sicuramente per cambiare qualche scenario. Per il governo Renzi (che manco a dirlo si “appropria” della scoperta e invia sentiti complimenti all’Eni) potrebbe essere l’ennesimo esame di maturità su un terreno, quello della sovranità, in cui il presidente del consiglio fiorentino finora non ha brillato.