Ho avuto l’opportunità di trascorrere una settimana in Iran tra la firma dell’accordo di Vienna sul nucleare e la visita dei ministri Gentiloni e Guidi successiva alla rimozione delle sanzioni economiche e commerciali. Da questa mia esperienza ho già tratto articoli che ho pubblicato sul Tempo e Libero, ma potrei facilmente scrivere un libro, per quante sensazioni, informazioni, sorprese e conferme ne ho ricavato. Gli spazi di una pubblicazione on-line sono per natura ristretti, quindi cercherò di procedere per flash.
Gli iraniani. “Se vi piacciono le persone vi piacerà l’Iran. Gli iraniani sono infinitamente ospitali. Per chi è stato subissato di immagini che dipingono l’Iran come un posto cupo e pericoloso, pieno di fondamentalisti fanatici, scoprire il vero Iran rappresenterà la più piacevole delle sorprese”. Cito la guida della Lonely Planet e confermo ogni parola.
L’accordo. Una conduttrice di RaiUno oggi ha detto che l’accordo è stato siglato perché “l’Iran ha rinunciato alla realizzazione della bomba”: nulla di più falso. L’Iran ha sempre negato di avere un programma nucleare per scopi militari e quindi non potrebbe “rinunciarvi”. Sono le potenze come Francia, Usa, Israele, Pakistan, Turchia ecc. (che la Bomba ce l’hanno eccome) che hanno agitato questo fantasma per giustificare sanzioni economiche volte a rallentare la crescita e lo sviluppo dell’Iran, che ambisce a diventare una potenza nella sua area.
La Bomba. Qualunque analista non vincolato a esigenze di propaganda ha, nel corso degli ultimi anni, sottolineato quanto la possibilità di dotarsi di una fornitura di energia pulita e a basso costo (che si ottiene con le centrali nucleari come tutti – eccetto gli italiani! – sanno ormai benissimo) fosse per l’Iran una questione di sopravvivenza, mentre militarmente all’Iran la “Bomba” non serve a nulla, perché fonda la sua potenza su un forte, ben preparato e armato esercito e una decorosa aviazione. Il paventato attacco nucleare per “cancellare” Israele era chiaramente un’assurdità, perché un tale attacco porterebbe come risultato al contemporaneo sterminio dei palestinesi.
La musica moderna è vietata. Frequentando le caffetterie di Teheran non ne ho avuto contezza. Malgrado i cocktail analcolici (buonissimi e dissetanti) e le patatine fritte al bacon (di che animale?), nei locali si ascolta musica, le coppie amoreggiano e, soprattutto, è permesso fumare.
Teste femminili coperte e alcool bandito. Tutto vero. Anche se il concetto di coprirsi il capo è preso dalle giovani generazioni in modo a dir poco aleatorio (e considerando che gli under 30 sono il 60% della popolazione non è un dato marginale). Leggo sul Messaggero che in Italia è stata “codificata” una nuova malattia: la drunkoressia (un giorno qualcuno dovrà scrivere un libro intitolato I crimini del neologismo…), che unisce l’abuso di alcool all’astinenza dal cibo, il tutto accompagnato da consumo di sostanze che “tengono su”. In Italia ci sarebbero 300mila casi (ma chi li ha registrati?!), di cui l’80% sarebbero femmine e minorenni. Ora, non so voi, ma se io avessi una figlia femmina (e per fortuna ho quattro maschi) preferirei vederla con il capo coperto che con il fegato spappolato (tralasciando il resto). Sono sessista? Forse. O magari sono un genitore responsabile, cosa che in Occidente è ormai criminalizzata.
Diritti umani. Non dovremmo fare affari con l’Iran, che è il secondo Paese al mondo per esecuzioni capitali… Io ho le mie personali sensibilità contro la pena di morte, ma nulla ci ha impedito di sostenere e ottenere (mission Romano Prodi) l’ingresso nel WTO della Cina, che ha il record di esecuzioni. Né ho mai sentito alcuno eccepire sugli accordi firmati – o più spesso subiti – con gli Usa, che hanno un posizionamento di tutto rispetto. Ne tralascio svariati altri.
E la repressione dell’Onda Verde nel 2009? Mi è stato fatto notare da una giornalista che, in tutti i Paesi dove c’è il diritto al voto ci sono elezioni che potrebbero cambiare il corso della storia. In quei momenti generalmente l’elettorato è diviso a metà e si vince per un margine strettissimo. I perdenti, legittimamente, gridano ai brogli, scendono in piazza e ci sono incidenti. Lo stesso accadde, mi ricorda, in Italia con il referendum sulla repubblica. E ci furono numerosi morti – solo a Napoli nove – e centinaia di feriti. Ma se la democrazia è matura, conclude la collega iraniana, la crisi si supera e alle elezioni successive il popolo sceglie in che direzione andare. Come hanno fatto gli iraniani. E forse anche gli italiani.
Concludo su una nota: le persecuzioni religiose. Effettivamente nessuno ha mai accusato l’Iran di persecuzioni vere e proprie contro le minoranze religiose, ma si è giocato per decenni sul non detto intorno alla dizione “repubblica islamica”. Parlando con i rappresentanti cristiani armeni e caldei – e leggendo l’intervista al rappresentante degli ebrei in Parlamento – mi sento di dire che qualunque accusa in tal senso è falsa. Con una eccezione la cui spiegazione è molto complessa: i Bahai. Questo esiguo gruppo dai connotati religiosi piuttosto sfumati sta terribilmente antipatico alle gerarchie religiose sciite. Non vengono propriamente perseguitati ma il clima per loro non è dei migliori.
Infine – ma veramente infine! – devo fare un’affermazione forte sul clima di appassionata e improduttiva solidarietà nei confronti dei “cristiani perseguitati nel mondo” che in Italia si concretizza in proclami nei talk show e campagne internet con tanti eroici “mi piace”.
Gli unici che combattono sul campo – perdendo uomini a centinaia se non migliaia –per difendere i cristiani del cosiddetto Medio Oriente (i cristiani veri, originali e che vivono seriamente i valori delle loro tradizioni) dagli assassini dell’Isis, sono l’esercito iracheno e siriano e le milizie musulmane sciite organizzate o sostenute dall’Iran. Questo è un fatto. Un fatto vero come il sangue e la morte, non come le chiacchiere. Sono stato nella Bekaa, a Damasco e Ma’alula e in non pochi altri posti e questo l’ho visto coi miei occhi e toccato con mano. Se veramente a qualcuno interessa la sopravvivenza dei cristiani – e non solo nei comizi elettorali – è lì che deve guardare.