“Ugo Spirito fascista comunista”: nella rubrica delle lettere del Corriere della Sera Sergio Romano ha celebrato l’intellettuale Ugo Spirito, fascista rosso, tra i protagonisti dell’area culturale più sociale che sostenne Mussolini nel ventennio.
Uno lettore, Giampaolo Grulli, ha scritto all’ambasciatore di aver “trovato una citazione di Ugo Spirito che assimilava il suo pensiero a quello di Otto e Gregor Strasser, che rappresentavano l’estrema sinistra nel partito Nsdap e avevano messo in difficoltà il Führer prima che, col suo carisma, avesse la prevalenza nel partito e si sbarazzasse dei due fratelli. Il filosofo aretino non mette in contrapposizione l’individuo e la collettività, ma mi pare improprio definirlo di sinistra”.
La risposta di Romano: “Ugo Spirito fu uno dei migliori allievi di Giovanni Gentile, ma si allontanò in parte dal suo insegnamento per creare una nuova scuola filosofica che definì «problematicismo». Ma la ragione della sua notorietà, al di fuori del mondo strettamente accademico, tuttavia fu la sua appassionata adesione allo Stato corporativo, divenuto, dopo la grande crisi del 1929, il più ambizioso progetto di Mussolini”.
Spirito e la corporazione proletaria
“Spirito ne dette una interpretazione radicale. Al Convegno di studi sindacali e corporativi, che si tenne a Ferrara nel maggio del 1932, esortò il governo ad approfittare della crisi del capitalismo per andare al di là delle proprie intenzioni originarie e puntare verso la creazione della «corporazione proprietaria»: un sistema economico in cui la proprietà della impresa sarebbe stata trasferita alla particolare corporazione in cui la sua attività era stata classificata. Era evidente che un tale programma sarebbe stato possibile soltanto grazie al capovolgimento della filosofia economica del Paese e a un massiccio esproprio di industrie private. Il fascismo conservatore reagì polemicamente, Spirito fu accusato di comunismo, la polemica sulla stampa durò per parecchio tempo e coinvolse anche Gentile, mentre Mussolini, secondo il suo stile in questi casi, lasciava fare per intervenire, se necessario, al momento opportuno”.
Fascismi e movimenti di nazionalpopolari di sinistra
I rapporti tra i movimenti fascisti e i circoli culturali nazionalpopolari o nazionalbolscevichi sono stati intensi e dialettici. In Germania, ricorda Romano in conclusione Hitler scelse l’ala conservatrice del suo blocco sociale a discapito delle “posizioni progressiste dei fratelli Strasser, Gregor e Otto. Gregor aveva fatto buoni studi, era stato farmacista e, dopo la guerra, aveva creato un gruppo paramili tare che gli aveva permesso di prendere contatto con Hitler. Verso la metà degli anni Venti, dopo la sua adesione al partito nazional-socialista, predicava un vangelo economico in cui lo Stato sarebbe stato proprietario del 51% delle principali industrie e del 49% delle attività commerciali. Era convinto che il successo politico del nazional-socialismo dipendesse dal rapporto che il partito avrebbe saputo creare con la classe operaia”.
Hitler sconfessò le posizioni di Gregor Strasser, che nel 1932 lasciò il partito nazional socialista: “Hitler – conclude Romano – non esitò a a trattarlo come un infame traditore. In un libro sulla Nascita del Terzo Reich (Mondadori, 2003), uno storico inglese, Richard J. Evans, scrive che la campagna di Hitler contro Strasser ricorda quella di Stalin contro Trotsky”. In Italia i rapporti tra il fascismo e l’ala sinistra del regime seguì percorsi differenti, sino alla sublimazione sociale nella Repubblica dal 1943 al 1945, quando Mussolini ritornò alle radici socialiste e nazionali.