Dopo tutto, Palermo sa ancora regalare emozioni uniche. Quartiere Capo, cuore pulsante del centro storico, sede di uno dei celebri mercati di strada, retaggio di una città che è stata anche araba. Di giorno ci passi dentro e sei immerso in un vortice di colori e odori: i palermitani del centro storico fanno ancora la spesa lì.
Dentro il mercato, una serie spropositata di chiese, grandi, bellissime, in certi casi abbandonate. A un certo punto il «miracolo». Nel campanile di una di queste, la chiesa della Madonna della Mercede, costruita nel 1482, appare il fantasma di una suora.
Abito scuro, mani giunte in preghiera: viene vista così.
Il fenomeno diventa subito antropologia: pellegrinaggi, vai e vieni, servizi giornalistici. Dall’imbrunire fino a tarda notte da circa una settimana folle di curiosi si recano al Capo per vedere il «miracolo». Per qualcuno è un effetto ottico, per altri il volto della Madonna, di una suora, di Santa Rita. Gente in strada che prega, che guarda e applaude.
Vengono accesi dei lumini a davanti al portone della chiesa. Le vecchie, come in una canzone di Battiato, stringono in mano i rosari.
La «Madonna del Capo» – alla fine passa questa definizione, anche se il fantasma è vestito da suora – viene vista bene da una prospettiva particolare, in diagonale, sopra un carro utilizzato per trasportare materiale edile. Un giovanotto spinge tutti e scavalca per andare a vedere il miracolo da quella posizione privilegiata. Il giovanotto è irriguardosamente chiamato «porco» dai suoi amici. «Porco, chi biri?» (italiano: «Porco, cosa vedi?»), «Porco, c’è a Maronna?» (italiano: «Porco, compare la Madonna?»), «Porco, vo viriri ca cu stu miracolo u Paliermu si sairba?» (italiano, con riferimento ai nefasti risultati del Palermo calcio: «Porco, vuoi vedere che grazie a questo miracolo il Palermo si salva?». Il giovanotto, evidentemente stanco di essere appellato «porco», perde la calma, si dimentica per un attimo del miracolo di cui è testimone, e replica a uno dei suoi amici: «Va ricci pulla a to matre». (italiano: «Vai a dire a tua madre che è una puttana»).
Di fronte al campanile da cui appare il fantasma è montata un’impalcatura con dei fari. I razionalisti, gli illuministi, imputano a un gioco di luci l’apparizione. Ogni tanto un faro si spegne, oscurando la visione del fantasma-suora-Madonna. Poi si riaccende, la sagoma allora si vede meglio, la gente applaude, grida. Una signora mi passa accanto in lacrime e dice: «Pregate! Pregate!». Poco distante viene allestito un banchetto che vende panini e bibite, seguito da un altro che vende caramelle.
Bande di ragazzini scorrazzano. Io malignamente penso che vogliano rubare cellulari e portafogli. Va bene il miracolo ma siamo pur sempre in un quartiere distrutto di una città del Sud. Uno dei commercianti, infatti, si spiega il miracolo così: «La Madonna è comparsa qui al Capo perché vuole dare un segnale di qualche cosa che deve succedere: l’economia qui è ferma, il commercio non gira. Naturalmente questa Madonna ci vuole aiutare».
Dinnanzi a questo candore, a questa opportunità che si sta vivendo al Capo, improvvisamente di nuovo meta turistica, si spera di non essere svegliati. E se proprio gli scettici vorranno dimostrare che il volto della suora è una chiazza bianca di un pezzo di muro caduto, chiamatela magari «Madonna dell’Intonaco». Ma non negate la speranza di un miracolo. A Palermo c’è tanto bisogno di crederci.