«Mi dimetto perché le mie decisioni non hanno avuto alcun effetto e sono stato inascoltato». Così Giulio Terzi di Santagata ha comunicato alla Camera la decisione di lasciare il proprio incarico alla Farnesina: «Da ministro degli Esteri – ha spiegato – avevo posto serie riserve alla repentina decisione di far tornare in India i due fucilieri di Marina, ma la mia voce è rimasta inascoltata». Con questo nuovo colpo di scena si infittisce ancora di più la complicata vicenda che riguarda i nostri due marò sotto processo in India. Terzi, nel suo intervento, ha smentito oltretutto una delle indiscrezioni che hanno circolato in questi giorni: «Tutte le istituzioni erano informate e d’accordo sulla decisione di trattenere in Italia i marò. La linea del governo è stata approvata da tutti l’8 marzo».
A quanto sostiene l’ex ministro, insomma, non si è trattato di una sortita personale quella di trattenere i due ufficiali in Italia ma di un’azione concordata con tutto il governo. Poi, dopo le rimostranze dell’India e la minaccia di trattenere l’ambasciatore italiano, il dietro front e la rovinosa riconsegna di Latorre e Girone. Di fatto, allora, le rassicurazioni che lo stesso Terzi aveva fornito con il passo indietro sul mancato rientro dei due marò (“li rispediamo, non rischiano la pena di morte”) erano solo un palliativo. In realtà la scelta di cedere alle pressioni dell’India è stata del governo.
Scelta rivendicata, del resto, in aperta polemica con il suo collega, dal ministro della Difesa Di Paola: «Quelle di Terzi non sono le valutazioni del governo». Tutto ciò allora che cosa dimostra? Una mancanza di strategia, di uniformità, di serietà internazionale che espone ancora di più i due marò alla voglia di “grandezza” che un paese emergente come l’India sta cogliendo con questa vicenda. Sulla pelle dei nostri soldati, insomma, si continua a giocare una partita dove ambizioni personali, ripicche, superficialità si mescolano a una figuraccia internazionale senza pari.
Finisce così la parabola di Terzi. Con un sussulto di dignità, si potrebbe dire, o con un assist politico ai suoi “referenti”, si potrebbe aggiungere. Ciò che interessa, però, è il fatto che questa denuncia squarcia il velo – dopo il caos esodati, la riforma Fornero, le crisi aziendali, la tassazione record e così via – sul profilo politico del governo dei tecnici: dilettanti allo sbaraglio. Questa volta sulle spalle dei due nostri marò: che stanno dimostrando di essere gli unici veri ambasciatori d’Italia all’estero.