Uno a zero per il duca di Urbino. Culturalmente parlando, si è riattizzata baruffa tra il Montefeltro e il Malatesta, tra Urbino e Rimini. Oggetto del contendere: il corpo mutilato di Ezra Pound, il poeta più influente del secolo scorso. Il condottiero in scena, in questo caso, è Vittorio Sgarbi, il quale, da neo Assessore alla Rivoluzione (proprio così) ha rivoluzionato la scena culturale urbinate, aprendo, un mese fa, una Casa della Poesia all’ombra di Ezra Pound. A inaugurare l’opera scese dalla residenza avita di Brunnenburg Mary de Rachewiltz, figlia ed erede dell’opera di Pound; il primo gesto culturale è stato l’apertura di una mostra che mima in sintesi quella, mirabile, ospitata a Palazzo Bagatti Valsecchi a Milano nel 1997, Ezra Pound e le arti (catalogo Skira). Ovviamente l’Anpi, che rivendica con orgoglio la vergogna di aver arrestato nel 1945 il poeta per poi consegnarlo agli americani (al che seguiranno la reclusione nella gabbia del carcere militare di Pisa e poi la prigionia nel carcere criminale di “St. Elizabeths”), reagì rabbiosamente all’impresa di Sgarbi.
E Rimini? Ficca la testa sotto la sabbia. Rimini è una città essenziale nella composizione dei Cantos: Pound vi capita nel 1922, pochi mesi prima di concedere a Thomas S. Eliot lo yes per pubblicare La terra desolata. Studia il Tempio Malatestiano, il monumento del neoplatonismo, la Sistina del neopaganesimo, che diventa il cuore intellettuale dei Cantos: a Rimini il poeta torna nel 1923, redige, ispirato, i canti dedicati a Sigismondo Pandolfo Malatesta. Ritorna nel Tempio, l’11 settembre del 1963, “bianco di chiome e di barba breve, alto, un po’ curvo, gli occhi azzurri d’acquamarina lampeggianti di pagliuzze d’oro” (così il ricordo di Luigi Pasquini), al braccio di Olga Rudge.
Bene. Benedetta da cotanto genio, Rimini si permette di snobbare Pound, incistato nel sito del Comune alla voce ‘Visitatori’, tra “il primo elefante di cui resta memoria a Rimini”, “le vacanze di Pellegrino Artusi” e “la prima delegazione giapponese”, che scempio. Insomma, Urbino fa cultura, Rimini è decimata dall’ignavia. L’affare, per fortuna, ha stuzzicato la ribellione, in Consiglio comunale, di Gioenzo Renzi. Nessuna parentela con il premier, anzi, Renzi, di Fratelli d’Italia, ha costretto nel 2011 al ballottaggio l’attuale Sindaco Andrea Gnassi, un fustino del Piddì, sfiorando l’epica vittoria (a Rimini sono ininterrottamente rossi dal dopoguerra).
Il consigliere, nei giorni della Liberazione, ha redatto una interrogazione, proponendo “di intitolare al poeta Ezra Pound, nel 130° anniversario della sua nascita, il Campone di Castel Sismondo”, cioè lo spazio aperto adiacente alla fatidica rocca, “per riconoscenza della nostra città verso Ezra Pound, dopo tanto silenzio”. Un atto dovuto. Anche se è lecito supporre che non accadrà nulla: il Piddì non sa distinguere tra Ezra Pound e Casapound, non sa la differenza tra i Cantos e uno spot elettorale. In effetti, oltre a intitolare uno spazio pubblico al beato andato, tappandogli la bocca, sarebbe necessario costruire un centro studi.
A Rimini, c’è uno degli editori poundiani per antonomasia, Raffaelli (tra le perle, le Indiscrezioni di Pound e l’eccentrica antologia della poesia italiana Ritorna Età dell’Oro), il quale ha già annunciato “voglio pubblicare tutte le fonti utili a Pound per la stesura dei Cantos“. Un lavoro monumentale, un monumento a un genio. Ovviamente, compiuto in clandestinità, anzi, in ostilità. (da Il GiornaleOFF)
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