
La notte di lunedì 27 aprile a Milano è stata incendiata la libreria Spazio Ritter, una libreria specializzata in pubblicazioni di area di destra di proprietà della casa editrice Ritter. Verso le 4 di mattina due forti esplosioni provocate da alcuni razzi incendiari lanciati contro la libreria, hanno provocato ingenti danni tra cui i due computer con l’archivio della casa editrice.
Il danno più grave, non solo materiale ma anche culturale, è stato alle centinaia di libri completamente distrutti e da buttare.
Un gesto gravissimo che si somma ai raid compiuti la stessa notte contro altri luoghi e sedi della destra milanese, avvenuti per giunta due giorni prima delle commemorazioni per Sergio Ramelli il giovane militante del Msi ucciso nel 1975.
Un clima da anni di piombo a pochi giorni dall’inizio di Expo che non sembra però aver più di tanto scosso una certa intellighènzia milanese. Ad eccezione di giornali e siti internet vicini all’area di destra la notizia è passata in secondo piano e i media sembrano averla ignorata, come se dare fuoco a una libreria di destra fosse un gesto meno grave, come se esistessero librerie di serie a e librerie di serie b, libri che si possono mandare al rogo e altri intoccabili.
La domanda purtroppo sorge spontanea: se fosse avvenuto a parti inverse? Se fossero stati “i fascisti” a dare fuoco a una libreria specializzata in testi di sinistra, cosa sarebbe accaduto?
Mai come oggi è necessario difendere la cultura, di qualsiasi colore politico essa sia, mai come oggi è necessario ribadire il diritto di esprimere le proprie idee. Eppure nella percezione comune, negli ambienti intellettuali così glamour e radical chic, ci sono gesti che, seppur di facciata vadano condannati, in realtà hanno un sapore rivoluzionario come dare fuoco alla “libreria dei fascisti”.(da Cultora.it)