“La Cancelleria (Registrar) della Corte Suprema indiana ha concluso ieri a New Delhi le procedure amministrative riguardanti un ricorso presentato dai legali di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, in cui si contestava fra l’altro la presenza nelle indagini della polizia antiterrorismo Nia. Il giudice della Cancelleria M.K. Hanjura ha chiuso la fase amministrativa e disposto il ritorno del caso in aula”: così le agenzie descrivono la kafkiana impasse in cui versa la querelle dei fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Ora gli atti tornano alla calendarizzazione del processo in aula.
Si tratta dell’ennesimo rimpallo di responsabilità dei magistrati indiani che evitano di instradare il processo mentre l’Italia non ha ancora avviato le procedure per un arbitrato internazionale, in attesa di chissà che svolta politica nei rapporti con Nuova Delhi.
Intanto si avvicina aprile, quando Massimiliano Latorre, in Italia per curarsi dopo un’operazione al cuore, vedrà scadere il suo permesso e dovrà tornare in India. Insieme al permesso è “scaduta” anche la credibilità italiana a livello internazionale: da ormai tre anni le istituzioni nazionali non riesco a restituire dignità e diritti umani a due soldati che sono privati della propria libertà solo per aver adempiuto al proprio dovere, impegnandosi in una missione antipirateria.