Non è tempo di firmare appelli, ma di esteti armati di parola che sappiano cambiare gli orizzonti di un’Italia condannata al declino. Come Gabriele D’Annunzio, di cui oggi ricorre il centocinquantenario della nascita. Il vate fu un protagonista del suo tempo, in prima linea a Fiume come nella cultura italiana, al punto che dannunzianesimo è un connotato della partecipazione civile degli intellettuali nello spazio pubblico.
Eppure mentre da noi gli intellettuali si dilettano a pontificare di antipolitica o a seguire la versione streaming della direzione del Pd, altrove il contributo alla riscossa nazionale viene declinato con ben altra tempra: ogni 31 del mese, lo scrittore Eduard Limonov scende in piazza con una manifestazione non autorizzata in una grande città russa insieme a giovani e meno giovani per affermare la libertà di riunione nel suo paese e una rinascita di un patriottismo tenuto in scarsa considerazione dai governanti. Dopo ogni comizio Limonov corre il rischio di essere arrestato e pagare con il carcere per le proprie idee. Avviene qualcosa di simile a Roma o a Milano con le nostre emergenze sociali e civili? Non si sono registrate presenze di intellettuali nelle piazze ferite del meridione, a Taranto per l’Ilva (ad eccezione di Adriano Sofri e Angelo Mellone) o a Bari dove la Bridgestone ha comunicato via mail la chiusura di uno stabilimento con mille operai. Al massimo è possibile leggere un tweet indignato sul web. Troppo poco.
Il ruolo di chi è animato da passione civile – a Sud – non può essere quello di semplice amanuense di emozioni da tastiera: insieme bisogna partecipare per una autentica riscossa popolare. Per una guerra delle parole che ridisegni un destino di civiltà, delimitato dall’umanesimo del lavoro, dal connubio tra produzione e ambiente nell’industria, e dalla capacità di competere con il genio italiano nelle sfide globali. Al tempo dei fescennini che sono il refrain della politica, la cultura deve incidere: mentre qualcuno ci descrive il mondo esterno come liquido, la società è terribilmente bloccata, rigida e neo-feudale. Come diceva Ezra Pound, è arrivato il tempo di sporcarsi, se non le mani, almeno i piedi.