E’ proprio vero, quella che quotidianamente viviamo non è solo una crisi economica ma è anche culturale e soprattutto dello Spirito. E la crisi, quella economica, si sta portando via anche quel poco che di spirituale era rimasto all’Italia. Infattida circa tre anni l’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente (IsIAO), è sottoposto a liquidazione coatta amministrativa ( una sorta di procedura fallimentare per gli enti pubblici) a causa di un “buco” di circa 5 milioni di euro che, stando a quanto riferito dal commissario liquidatore Antonio Armellini, non potrà essere del tutto risanato.
Ma ciò che importa e fa discutere non è tanto il venir meno dell’Ente in quanto persona giuridica, che di fatto è già fallito, ma trovare una sistemazione congrua e dignitosa al suo immenso ( e sconosciuto) tesoro costituito da circa duecentomila volumi, numerose e antiche xilografie, carte geografie, raccolte fotografiche di immenso pregio riguardanti i territori e i popoli Orientali ed Africani.
La storia dell’IsIAO
L’IsIAO è stato creato nel 1995 dalla fusione del famoso Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente( IsMEO) fondato nel 1933 da Giuseppe Tucci e Giovanni Gentile con l’Istituto italo-africano. Alla costituzione dell’Ente e del suo immenso patrimonio hanno contribuito numerosi studiosi di fama internazionali, fra tutti spiccano le personalità del fondatore dell’IsMEO Giuseppe Tucci e del maestro buddista Chogyal Namkhai Norbu.
Quella di Tucci è una figura magnifica e discussa (per la sua adesione al fascismo), grande studioso dei popoli orientali, reputato il più grande tibetologo di tutti i tempi, con le sue esplorazioni sulla “cima del mondo” fece parlare di sé e dell’Italia il mondo intero.
Il maestro Norbu e Tucci si erano conosciuti nel Sikkim nel lontano 1960, il primo, non potendo ritornare più in Tibet a causa dell’occupazione cinese, seguì l’esploratore italiano prima a Roma e poi a Napoli diventando suo stretto collaboratore. Attualmente Namkhai Norbu è caposcuola di Merigar, prima comunità laica buddista in Italia Dzogchen, ad Arcidosso, in provincia di Grosseto. Il monaco buddista probabilmente per onorare l’antica amicizia con Giuseppe Tucci e per non disperdere l’immenso tesoro dell’Istituto ha dichiarato al Corriere della Sera: “Mi offro di promuovere la costituzione di un nuovo ente no-profit nel quale far confluire la mia biblioteca, il mio archivio e l’ex IsMEO-IsIAO. Tale ente si potrebbe ragionevolmente chiamare Fondazione Tucci-Namkhai Norbu ove mettere a disposizione gratuita dei ricercatori e studiosi di tutto il mondo la consultazione dell’intero fondo.”.
Intanto il lavoro del commissario liquidatore Antonio Armellini prosegue imperterrito dato che attualmente l’IsIAO è indebitato verso circa 400 creditori. Fino ad ora ciò che si poteva vendere è stato dato; sono state chiuse le altre sedi in giro per l’Italia e venduti la maggior parte dei beni alienabili. L’intero patrimonio scientifico, invece, costituito dalle migliaia di volumi, dalle stampe e dalle idee di centinaia di studiosi, è considerato dalla legge intangibile e non può essere disperso, essendo sottoposto ad una serie di tutele. Cosa farne dunque? Attualmente l’ipotesi più accreditata è quella di concedere i beni dell’isIAO a soggetti privati a titolo oneroso, attraverso una gara ad evidenza pubblica, che permetta di risanare il debito e tutelare questo immenso tesoro. Bisogna tuttavia augurarsi che la proposta del lungimirante Norbu venga presa in considerazione, dovendo ricordare a coloro i quali si occupano di tale vicenda che un Popolo senza un passato è un Popolo destinato a non avere più un futuro. Ricordarsi e tutelare il patrimonio dell’IsIAO è dovere di uno Stato, non semplice burocrazia.