Hugo Chàvez potrebbe essere stato ucciso? Le parole del vice presidente Maduro subito dopo aver comunicato la notizia del decesso (“Si è ammalato perché è stato attaccato, come è successo con il leader palestinese Yasser Arafat”, sostenendo che “una commissione speciale di scienziati” potrà confermare questa tesi) sono state pronunciate in preda all’emozione o per calcolo politico? La tesi del complotto yanqui è da liquidare come propaganda oppure può esserci un fondo di verità?
Nel grande caos che regna in queste ore a Caracas, l’interrogativo è di quelli che serpeggiano con insistenza tra il popolo venezuelano, oltre alla domanda delle domande: riuscirà il “chavismo” a sopravvivere alla morte del suo leader, fondato re e ideologo? Intanto, che sia fondato o meno il sospetto di Maduro, il governo di Caracas ha già espulso due addetti militari dell’ambasciata statunitense, accusati di aver agito per destabilizzare il Paese. E da Washington, che pure nessuno ha ufficialmente tirato in causa, è già arrivata la non richiesta excusatio: “Pensare che gli Stati Uniti siano in qualche modo coinvolti nella malattia del Presidente Chávez è assurdo”, ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Usa Patrick Ventrell. Gli Usa, insieme ad Israele, sono state le due sole nazioni al mondo che non hanno espresso esplicito cordoglio per la scomparsa di Chàvez.
Il giorno dopo la morte del presidente, le accuse di “contagio” si sono ripetute. Nilde Garré, ministro della Sicurezza in Argentina, ha detto oggi di considerare alla stregua di una «coincidenza suggestiva» il modo in cui vari leader sudamericani sono stati colpiti negli ultimi anni dal tumore. Il ministro ha ricordato in un’intervista che fu lo stesso Chàvez, anni fa, ad avanzare a suo tempo il sospetto. «Gli scienziati – ha chiosato – dovranno ora dirci se è possibile o no, ma è vero che molti di questi leader stavano conducendo trasformazioni profonde e interessanti, duecento anni dopo i libertadores San Martin e Bolivar, sulla strada dell’unità dei popoli latino americani». Cammino finora ostacolato, a suo dire, da «fattori esterni», riconducibili in sostanza agli Usa.
Se il ministro argentino parla di “coincidenza”, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, amico personale del leader scomparso, è andato oltre. Ha definito Hugo Chàvez un «martire» ucciso da una «malattia sospetta». «Ha dato la vita per l’elevazione del suo Paese e per la libertà del suo popolo», ha aggiunto Ahmadinejad, che ha «servito difendendo i valori umani e rivoluzionari».
Certo, davanti alla genericità di certe accuse molti rideranno, oppure con sufficienza parleranno di propaganda e “complottismo”. In effetti di primo acchito l’accusa potrebbe sembrare strampalata, anche se la recente riesumazione del cadavere di Yasser Arafat ha confermato che il leader palestinese è morto avvelenato e gli assassinii politici hanno una tradizione più che millenaria.
Chi può veramente escludere, in linea teorica, che Chàvez possa essere stato tolto di mezzo perché scomodo? Non sarebbe una prima volta che un “nemico” degli Usa viene ridotto al silenzio; per non parlare degli avversari di Israele, per i quali però si ricorre più facilmente alle bombe (vedi ingegneri nucleari iraniani) o ai missili intelligenti (per i capi di Hamas). Chàvez dava fastidio al governo di Washington, ma anche alle compagnie petrolifere americane e internazionali, le stesse ad esempio che più di cinquant’anni fa trassero vantaggio dalla “strana” morte del presidente dell’Eni Enrico Mattei. La tesi che Mattei sia stato eliminato con una bomba ormai è ampiamente accreditata: stupirebbe così tanto l’ipotesi di una uccisione di Chàvez.
Da un punto di vista scientifico, i ricercatori sono perplessi. «Non c’è nessuna chance di successo nel caso si provi ad inoculare cellule tumorali in un essere umano. In rari casi abbiamo dei successi quando lo facciamo sulle cavie da laboratorio durante le sperimentazioni», ha spiegato all’Adnkronos Stefano Cascinu, presidente dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom). Tuttavia sulla reale natura del cancro che ha colpito il presidente venezuelano non c’è mai stata molta chiarezza. «Nel caso di un sarcoma pelvico – spiega Cascinu – la chemioterapia o la radioterapia si dimostrano poco efficaci, la strada è quindi quella chirurgica. E, se l’analisi istologica non lascia speranze, nella maggior parte dei casi la possibilità di sopravvivenza è di circa 2 anni».
In effetti secondo i documenti pubblicati da WikiLeaks di Julian Assange nel 2011, i medici russi che hanno affiancato quelli cubani nella cura di Chàvez avrebbero formulato una prognosi di non oltre due anni di vita a causa di metastasi nei linfonodi e nel midollo spinale che avevano ulteriormente aggravato la situazione. Lo stesso Hugo Chàvez, però, considerava credibile l’ipotesi di un complotto per attentare alla sua vita già nel 2008, quando aveva espulso l’ambasciatore statunitense a Caracas e richiamato il proprio da Washington. “Sarebbe così strano immaginare – aveva detto in televisione – che gli Stati Uniti abbiano inventato una tecnologia che induce il cancro, una tecnologia sconosciuta ai più oggi e che si scoprirà solo tra 50 anni”.
A rinforzare i dubbi dei “complottisti” è la singolare coincidenza che negli ultimi anni ha visto buona parte dei capi di Stato sudamericani contrarre varie forme di cancro. E di tutti questo soltanto uno, il colombiano Juan Manuel Santos, era considerato vicino alle posizioni di Washington. Tutti gli altri, a partire da Chàvez, erano decisamente scomodi per le politiche internazionali Usa. Il leader bolivariano citava i casi di Fernando Lugo (allora presidente di sinistra del Paraguay), della candidata alla presidenza brasiliana Dilma Roussef (poi eletta al posto di Lula), dello stesso Lula da Silva e infine della “presidenta” neoperonista Cristina Fernandez de Kirchner, ammalatasi di un tumore alla tiroide che poi si è rivelato non letale. Senza contare che, sempre da WikiLeaks, è poi venuto a galla che anche il presidente boliviano, l’indio Evo Morales, nel 2009 era stato operato di un cancro alle vie nasali.
Coincidenze suggestive, come dice il ministro argentino Garré. Del resto lo stesso Chàvez, in passato confidava: “Fidel me l’ha sempre detto: Hugo fai attenzione. Gli americani hanno sviluppato delle tecnologie. Non sei abbastanza attento. Controlla quello che mangi e quello che ti viene portato da mangiare. Con un piccolo ago possono iniettarti Dio solo sa cosa”. Parole pesanti, soprattutto se pronunciate da una vecchia volpe come Castro, che in cinquant’anni è sempre riuscito a sfuggire ai più sofisticati complotti della Cia per farlo fuori.