È notizia di queste ore che sono state riaperte le indagini sulla strage di Acca Larentia, dove nel 1978 un commando di sinistra assaltò la sede locale del Msu uccidendo Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta (e dove poi fu colpito a morte da un ufficiale dei carabinieri un altro giovanissimo militante del Fdg Stefano Recchioni). Tra le prove che sono nuovamente al vaglio degli inquirenti ci sono il nastro con la rivendicazione della strage e la mitraglietta skorpion che sparò quel giorno, ritrovata anni dopo in un covo delle Brigate Rosse.
Nel dare questa notizia vogliamo riproporvi l’inchiesta di Tommaso Della Longa, uscita sul quotidiano Libero il 6 gennaio 2012 dal titolo “Lo sbirro, il cantante, gli 007: i misteri della strage di missini” dove venivano ricostruite proprio le orme dello scorpione, ovvero di quella maledetta mitraglietta. Elementi che potrebbero essere utili anche agli inquirenti, elementi ben noti e chiari, messi nero su bianco ormai più di un anno fa. Riportiamo qui sotto l’inchiesta:
Dodici colpi al secondo. Utile negli spazi ristretti, come i vicoli. Grazie al calibro 7,65 browning il rinculo è limitato. Arma versatile, si può portare al fianco come una pistola comune. Ecco in poche
parole, la descrizione della “Skorpion Vz61″ovvero la pistola mitragliatrice di fabbricazione cecoslovacca che ha lasciato una lunga scia di sangue nell’Italia degli anni di Piombo: facile da nascondere e micidiale sulle brevi distanze, è stata uno dei simboli delle Brigate Rosse. Proprio seguendo le orme dello scorpione si possono scoprire importanti novità su quegli anni.
Una di queste è la strage di Acca Larentia. Era il 7 gennaio 1978 quando, alle 18:23, un commando armato assalta la sede locale dell’Msi, facendo fuoco su un gruppo di ragazzi appena usciti dalla sezione. Due giovani di 19 e 18 anni, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, vengono assassinati. Poche ore dopo, durante gli scontri tra forze dell’ordine e militanti di destra, viene ucciso da un capitano dei Carabinieri un terzo giovane, il diciannovenne Stefano Recchioni. A uccidere Bigonzetti e Ciavatta sarà proprio una raffica della famigerata Skorpion, anche se gli investigatori lo capiranno in ritardo di otto anni, grazie a una perizia balistica commissionata dalla Procura di Firenze. L’attentato alla sede missina viene rivendicato dai Nuclei Armati per il Contropotere Territoriale, una delle tante sigle della sinistra armata. Forse una denominazione usata, all’epoca, per rivendicare le azioni delle squadre armate dei “Comitati comunisti”.
Scia di sangue
Lo stesso tipo d’arma è usata solo qualche mese dopo per assassinare il Presidente della Dc, Aldo Moro. Quella che sparò ad Acca Larentia, invece, ucciderà anche il professor EzioTarantelli (1985), l’ex sindaco di Firenze Lando Conti (1986) e il senatore democristiano Roberto Ruffilli (1988). Solo dopo quest’ultimo omicidio si ferma la scia di sangue dell’arma che viene ritrovata in un covo delle Brigate Rosse a Milano e ricollegata a tutti gli omicidi precedenti.
A questo punto della storia, compaiono sulla scena alcuni personaggi che farebbero pensare a un thriller pulp all’italiana e che, invece, sono legati a vario titolo a quell’arma pericolosa e letale: un commissario di Polizia, un cantante famoso, un noto brigatista, un’armeria di Roma, uno spacciatore di periferia con ambizioni rivoluzionarie e addiritttura i servizi segreti. Ma andiamo con ordine.
L’eccidio di Acca Larentia nell’ultimo anno è tornato di stretta attualità, grazie a libri, pubblicazioni e incartamenti tirati fuori dagli archivi storici che hanno messo in fila una serie di fatti mai indagati fino in fondo. Nel primo libro dedicato all’argomento (“Acca Larentia, quello che non è stato mai detto”, Edizioni Trecento), Valerio Cutonilli e Luca Valentinotti, teorizzano l’esistenza di un’unica struttura operativa dietro a omicidi e stragi compiuti a Roma contro la destra negli anni ’70. Secondo i due avvocati, dietro a sigle come quella che ha rivendicato la strage dei giovani del Fronte della Gioventù, ci potrebbe essere la prosecuzione militante del livello illegale di Potere Operaio. Una struttura di cerniera finalizzata alla costituzione del partito armato. Tale struttura era particolarmente attiva lungo l’intera
direttrice di Roma Sud, sviluppandosi nell’intera area compresa tra l’Alberone e i Castelli Romani, e rientrava in un preciso disegno egemonico della sinistra antagonista. A essa sono riconducibili numerose sigle che nascono e muoiono nel giro di qualche azione, con l’idea di ampliare la zona grigia di violenza e illegalità. E che nel caso di Acca Larentia potrebbero forse essere risultate utili a portare scompiglio per arrivare all’obiettivo finale, ovvero Aldo Moro.
Dagli archivi online della Commissione parlamentare istituita per far luce sul rapimento e l’omicidio dello statista Dc siamo riusciti a scoprire un carteggio, fatto di richieste e informative, tra la Digos e l’ufficio istruzione del Tribunale di Roma, datato aprile giugno ’79, concernente due persone al di sopra di ogni sospetto. Il cantante famoso, Enrico Sbriccoli in arte Jimmy Fontana, e il funzionario di polizia, Antonio Cetroli, responsabile del commissariato Tuscolano, quartiere quest’ultimo dove si trova via Acca Larentia. Così si scopre che la Skorpion dal 1971 era di proprietà di Fontana che sostiene di averla ceduta nel 1977, a pochi mesi dall’attentato, al commissario Cetroli. I due si sarebbero conosciuti nell’armeria Bonvicini dei
quartiere Prati di Roma che è anche frequentata da un «simpatico cliente», a detta dei proprietari, il sig. Marchetti, nome d’arte del noto brigatista Valerio Morucci. Caso vuole che la Skorpion venga ritrovata proprio in un covo delle Br, seppur molti anni dopo.
Versioni diverse
E che Gennaro Maccari, il “quarto” uomo del sequestro Moro, nell’audizione alla Commissione abbia riferito di due diverse Skorpion nelle mani brigatiste. Se in prima battuta, il commissario Cetroli smentisce «con perentoria assolutezza» di aver mai incontrato Fontana in vita sua, in seconda battuta avrebbe ammesso di averlo conosciuto nell’armeria Bonvicini, ma di non aver comprato l’arma. Cetroli, tra l’altro, sarebbe stato già noto agli inquirenti per aver avuto -a Roma sud- scambi, acquisti e cessioni di armi con alcune persone, tra cui tale Giuseppe Nori, «sottoposto a procedimenti penali per fatti di criminalità comune». Cetroli negli anni fa carriera e all’inizio degli anni ’90 è un alto funzionario della Questura di Roma. Ma le ombre sulla cessione di quell’arma non sono mai state diradate. Per questo, nel giugno del 2011 il deputato Pdl Francesco Biava presenta un’interrogazione parlamentare, chiedendo di fare chiarezza sulla vicenda. Il parlamentare chiede ai ministri competenti se siano stati mai fatti accertamenti sui conti bancari che risultavano intestati nel ’77 a Jimmy Fontana. Quest’ultimo, infatti, aveva dichiarato alla Digos che la Skorpion gli era stata pagata tramite assegno. Dunque, una banale verifica dei movimenti bancari del cantante avrebbe permesso di scoprire se a mentire fosse stato lui o il commissario Cetroli. Finora nessuna risposta.
In compenso però, gli archivi della Commissione Moro sono spariti dal web. Mentre gli archivi informatici scompaiono, nuovi personaggi conquistano la scena. Solo ultimamente, infatti, siamo venuti in possesso di un documento riservato e assolutamente inedito del Sid (Servizio Informazioni Difesa le cui competenze sarebbero state a brevissimo divise tra Sisde e Sismi), con data 27 gennaio 1978, che a distanza di neanche un mese dalla strage di Acca Larentia, fa già un nome per le indagini. Si tratterebbe di un «elemento estremista in cerca di armi e spacciatore di droga».
Una persona che nel gennaio ‘79 era sconosciuta all’opinione pubblica ma che negli anni successivi avrebbe fatto parlare di sé. Costui all’epoca risiedeva a poche centinaia di metri dal commissariato Tuscolano zona Cinecittà dove lavorava Cetroli. Negli anni successivi, l’uomo chiamato in causa dal Sid avrà gli onori delle cronache per essere uno dei fondatori dei gruppo “Guerriglia comunista” e dei “Nuclei antieroina”, sigle riconducibili alla già menzionata struttura di cerniera che hanno rivendicato gli omicidi nella zona di Roma sud di alcuni spacciatori, veri o presunti, nel nome del proletariato. Ma che forse nascondevano anche banali faide interne nel mondo dello spaccio della droga. Dopo essere riparato in Spagna, insieme ad altri fiancheggiatori delle BR, viene arrestato al confine franco spagnolo proprio perché stava tentando di passare con un carico di droga. Nel giugno del ’90 la polizia francese lo consegnerà a quella italiana.
Qui si chiude l’ennesima puntata di una storia che sembra non riuscire mai ad arrivare all’epilogo. Il reato di omicidio, come è noto, non cade in prescrizione e forse per questo le ultime notizie su Acca Larentia potrebbero aver generato una certa fibrillazione. Il noto pentito BR Antonio Savasta nel libro intervista di Nicola Rao (“Colpo al cuore”, edizioni Sperling & Kupfer) attribuisce l’attentato a un gruppo armato che agiva sotto la direzione delle BR, un’affermazione che perlomeno in parte darebbe ragione alla teoria di Cutonilli e Valentinotti.
Nervosismo
Anche Savasta menziona Cinecittà e allude a un gruppo che avrebbe agito sotto la guida della brigata territoriale di Torre Spaccata. Appena uscito il libro, un altro ex BR, Sandro Padula, si affretta ad accusare sul web Savasta di dire il falso. Padula, ex brigatista di Torre Spaccata, tiene a ricordare che la sezione missina di via Acca Larentia era ubicata in una zona lontana da Cinecittà e da Torre Spaccata: quella dell’Appio Tuscolano. Se quindi le responsabilità materiali continuano a essere rimpallate lungo la direttrice di Roma sud, la cortina fumogena su esecutori e mandanti diventa sempre più intricata.
Ora che abbiamo in mano tutte queste nuove informazioni, abbiamo anche nuove domande. Come mai i servizi segreti militari si interessarono alla strage di Acca Larentia? Qual è il ruolo dell’ex militante di Guerriglia Comunista? Chi ha mentito tra Fontana e Cetroli? Com’è finita la Skorpion in un covo delle BR? Cosa succedeva in quell’armeria di Prati? L’unica cosa certa è che le orme lasciate dallo scorpione rimangono cruciali e che con il passare del tempo, paradossalmente, diventano sempre più visibili.