Natale è uno dei periodi caldi per le sale cinematografiche, tra indigesti cinepanettoni e produzioni colossal da milioni di dollari che sgomitano per i record di incassi. Nel novero non possono mancare i film d’animazione ma stavolta non parliamo né di Disney né di Pixar.
“Un gatto a Parigi” (titolo originale “Une vie de chat”) è una pellicola francese del 2010 che, finalmente, è arrivata anche nelle sale italiane. Prodotto da Folimage e realizzato da Jean-Loup Felicioli e Alain Gagnol, si tratta di una piacevolissima novità nella categoria, oramai forse un po’ troppo succube di effetti speciali ed interventi al computer.
Iniziamo dalla trama. Dino è un gatto con una doppia vita: di giorno al fianco della piccola Zoe, una bimba un po’ trascurata dalla mamma poliziotto, al calar del sole compagno di scorribande di Nico, uno scassinatore un po’ sui generis. Quando, una notte, Zoe decide di seguire il suo amico a 4 zampe per i tetti di Parigi, incontrando così Nico, allora avrà inizio l’avventura della piccola e si metteranno in moto una serie di eventi che coinvolgeranno – e intrecceranno – i protagonisti della pellicola.
Ma “Un gatto a Parigi” merita menzione soprattutto per la sua tecnica di realizzazione: il tratto essenziale dei disegni – un marchio distintivo dei due autori – ricorda da vicino i profili “alla Modigliani” e la pittura di altri grandi artisti come Matisse, Cezanne e Picasso, allontanandosi dall’artificio tecnologico delle ultime celebri pellicole d’animazione e ritornando al cartone animato “disegnato” d’un tempo. Parimenti encomiabile l’intreccio della storia, dove l’elemento onirico ben si sposa con le tinte noir e poliziesche della trama.
In conclusione un film da tenere in considerazione – non a caso la candidatura all’Oscar di qualche anno fa – che ci ricorda come non sempre i cartoni animati siano produzioni destinate unicamente ad un pubblico di bambini.
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