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L’intervista. L’eurodeputato Kovac: “Jobbik per le identità, contro l’ultraliberismo”

by Mario Bocchio
20 Novembre 2014
in Esteri
0

Bela Kovacs, a member of the European Parliament and Hungarian far-right Jobbik party, addresses a news conference in Budapest

Ungheria come laboratorio delle destre europee? Dopo la vittoria alle elezioni parlamentari di aprile, la Fidesz del premier ungherese Viktor Orbán non lascia ma raddoppia e trionfa anche alle Europee. L’esito delle urne non lascia adito a dubbi. Fidesz ha conquistato il 51,5% delle preferenze fra il 29% dell’elettorato che ha deciso di andare a votare.

L’affermazione di Fidesz non fa passare del tutto in secondo piano il sorpasso di Jobbik (I migliori), tre eurodeputati, che ha conquistato per la prima volta il secondo posto con il 14,6% a scapito dei socialisti, malgrado un forte calo dei consensi rispetto alle legislative (-7%), facilitato dal sospetto scandalo dell’eurodeputato di Jobbik in odore di essere una spia russa, Béla Kovács, rieletto. Soprannominato “Bela Bond”, parla correttamente il giapponese, nel dicembre del 2013 ha rilevato Bruno Gollnish alla guida dell’ Alleanza europea dei movimenti nazionalisti, dalla quale Marine Le Pen si è però dimessa.

“L’Alleanza è per la difesa delle diverse culture nazionali, delle radici cristiane dell’Europa. Pensiamo ad un’ Europa di stati liberi, indipendenti e uguali, a una confederazione di stati sovrani, per questo rigettiamo l’idea di un super stato europeo centralista. Proponiamo una forte politica a favore delle famiglie tradizionali, lottando contro i danni della globalizzazione”, spiega Kovács.

Lei è stato accusato di spionaggio in favore di Mosca.

Béla Kovács ride: “Insomma, è curioso: prima le spie venivano dal freddo, ossia dall’Unione Sovietica e dall’Ungheria comunista e andavano nel mondo libero. Oggi verrebbero dalla Russia di Putin, versione opposta dell’Urss di Stalin e Andropov, per spiare la piccola Ungheria, il cui popolo peraltro non è ostile a Mosca. È un po’ dura da mandare giù. O meglio, è una barzelletta”.

È una grande responsabilità per voi essere ora gli sfidanti più accreditati di Orban?

“Sicuramente, ma non va mai dimenticato come l’Ungheria stia chiaramente sterzando verso una dimensione euroscettica e nazionalpopolare. Quella destra siamo noi, che abbiamo superato la soglia del 20% dei voti e conquistato il rimarchevole risultato di 26 seggi in parlamento. Vogliamo un referendum sulla permanenza nell’Ue e attacchiamo il premier conservatore Orbán perché, nonostante le apparenze, a Bruxelles fa lo ‘yes man’”.

Quale è l’obiettivo della vostra alleanza europea? Una semplice alleanza politica?

“No, è molto di più. L’eurocomunismo, il liberalismo ed il lavaggio del cervello multiculturalista sono un pericolo per tutti. Sono in pericolo la nostra civiltà, la nostra religione ed anche la nostra esistenza biologica. I nostri governanti ci stanno imponendo politiche antifamiglia e stanno promuovendo la cosiddetta austerità dissanguandoci. Tutto questo è un grande problema, l’unico modo per opporsi al globalismo e all’Ue è il nazionalismo. Non siamo internazionalisti cosmopoliti, siamo nazionalisti, insieme possiamo farcela. A Bruxelles ci rompono le balle se usiamo la bandiera ungherese, assurdo.  La strada è lunga e dobbiamo vincere questa battaglia, non solo per noi ungheresi ma per tutte le nazioni europee, e questa alleanza è l’unico modo per sperare in un’ Europa migliore”.

Siete considerate persone non gradite in Romania, perché?

“Il nostro leader Gábor Vona nell’agosto del 2013, ha partecipato ad un campeggio estivo in Transilvania incitando il milione e mezzo di magiari della Romania a lottare per l’autonomia facendo forza sul criterio etnico. Si tratta di un legittimo e sacrosanto diritto di indipendenza e di autodeterminazione di un popolo, proprio come giuste sono le battaglie del popolo scozzese e di quello catalano”.

E su Putin?

“Jobbik non ha mancato di esprimere la propria solidarietà all’amico Vladimir Putin, definendo il referendum in Crimea esemplare, un trionfo di autodeterminazione di una comunità. Putin possiede ora un dominio indiscutibile in Russia, la sua forza principale non sono le sue qualità personali, ma piuttosto il fatto che ha il sostegno assoluto della maggioranza russa in tutte le sue decisioni patriottiche. Nessuno nell’establishment osa contraddirlo. È ormai un vero leader popolare e questa sua forza gli dà la libertà di affrontare le élite non ricercando un compromesso con loro, ma da leader indiscusso. Putin più volte ha indirizzato un saluto direttamente ai popoli, guarda con grande interesse ai movimenti popolari europei che sono stanchi di subire le decisioni dei loro governi che operano negli interessi dell’oligarchia globale e non per il benessere dei loro cittadini. Per Putin gli alleati in Europa sono tutti i movimenti che difendono l’identità europea contro l’ultraliberalismo e lo scardinamento delle identità e dei valori tradizionali. Ecco perché Putin diventa un alleato naturale, la nostra è una battaglia comune in difesa dell’identità dei popoli. Sono i gruppi del potere mondialista che vogliono una guerra globale”.

@barbadilloit

Mario Bocchio

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