“Il potere è qualcosa di fragile, non tollera minacce”. Il senatore Roark, emblema del sistema corrotto e marcio che domina il microcosmo di Sin City, non può permettersi una mano sbagliata a poker. E la frase che spiattella sul volto del figlio illegittimo, interpretato da Joseph Gordon-Levitt, è una delle chiavi per leggere il secondo capitolo cinematografico tratto dai fumetti di Miller, in questi giorni nelle sale italiane: “Sin City 2. Una donna per cui uccidere”.
I vicoli oscuri e i locali malfamati che fanno da sfondo alla città del peccato tornano a raccontare il capovolgimento di valori messo in pratica dal reazionario disegnatore americano, anche questa volta accompagnato alla regia dal discepolo di Tarantino, Robert Rodriguez. E se la pellicola riprende cast stellare, cifre stilistiche e tecniche narrative del primo capitolo senza eguagliarlo in efficacia comunicativa e godibilità, permane quel retrogusto agrodolce di ribellismo che la anima.
Il Potere è incarnato dalla figura di un senatore, anni prima che la Casta spopolasse tra i grillini. E il vero potente, a cui Marv-Mickey Rourke aveva già cambiato i connotati nel primo episodio, era il fratello cardinale. Per contrasto gli eroi positivi sono autentici criminali, assassini nati, dediti alla violenza, all’alcol e a qualsiasi vizio possa albergare nell’uomo. E, discrimine fondamentale rispetto a narrazioni simili, non hanno alcuna intenzione di cambiare. Non c’è moralismo, retorica o consapevolezza nel loro agire, se non un’etica dell’ingiustizia e una voglia di gesti estetici assoluti che li porta a bruciarsi in fretta e a mandare al diavolo tutto, compreso se stessi.
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E che dire della rappresentazione delle donne?. Le “signore” della città vecchia, prostitute splendide e terribili, che si autodeterminano contro polizia e mala. Per non parlare di Ava Lord, la “donna per cui uccidere” che tiene in scacco gli uomini – da un marito debole a un servitore cagnolino, passando per il detective abbindolato e l’amante ingannato – con la consapevolezza del suo corpo e nessuna fisima sul suo utilizzo. È lei che sceglie, che muove le fila, che tiene in scacco tutti. Un compendio di femminismo che farà storcere il naso a tante femministe à la page. Belle e dannate, quelle di Sin City sono “fimmini”, per citare Buttafuoco. L’utero di Ava è suo, e lo gestisce come meglio crede.
I protagonisti dei fumetti di Miller bramano vendetta, adorano uccidere, si compiacciono del loro essere “cattivi” e disadattati. E, allo stesso tempo, diventano eroi perché Miller sa che è il Potere dei buoni, di chi in giacca e cravatta uccide più degli assassini in pastrano di pelle nera, a essere il lato oscuro della modernità. È un sistema che si regge su un bluff e che mostra, a chi ha il coraggio di andare a vedere le sue carte, la fragilità di chi, minacciando, “non tollera minacce”.