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Libri. “Nessuna carezza” di Schiavone, romanzo antiretorico sul precariato

by Roberto Alfatti Appetiti
11 Ottobre 2014
in Libri, Scritti
0

precariaNon ci provate neanche, a parlare di romanzo sociale. Alberto Schiavone, di vedersi appuntare i gradi dello scrittore sociale, non se lo merita proprio. È uno scrittore di sentimenti, un affabulatore che ama divagare, un narratore dal tono soffice e dall’humor sottile nelle cui vene (letterarie) scorre il sangue di Knut Hamsun e Mark Twain, mica di Ignazio Silone e Pier Paolo Pasolini. “Nessuna carezza” non è un romanzo che, per dirla col critichese, affronta il tema del precariato giovanile. Non affronta, schiva. Non c’è denuncia sociale. Il tono non si fa mai cupo. I protagonisti non hanno alcuna intenzione di piangersi addosso. Conservano quel che basta della sfrontatezza dei trent’anni. Come fa il giovane scrittore piemontese, che ha studiato storia dell’arte a Bologna per adattarsi a fare il cameriere, l’autista e il libraio. Lì almeno i libri poteva leggerseli e s’è promosso scrittore. Tre romanzi, uno più bello dell’altro.

Ma che lavoro può esserci di più precario del mestiere di scrittore? In Italia non legge nessuno o quasi, gli scrittori si leggono tra loro e, il più delle volte, al di là dello scambio di faccine su Facebook, sarebbero pronti a scannarsi pur di fregarsi una qualche decina di likes, il contatto migliore, l’editor più introdotto, la casa editrice più potente. È quello che accade ai personaggi di “Nessuna carezza” (Baldini & Castoldi): per un posto fisso sarebbero pronti a uccidere il collega con il quale lavorano spalla a spalla e, intendiamoci, non stiamo parlando di lavori intellettuali o da mezze maniche. Non siamo nel noir, tuttavia, né nell’anticamera del thriller. Il linguaggio è quello della black comedy ma senza l’abusata location del call center, cui hanno attinto i nuovi registi italiani, la cui mancanza di originalità è la spiegazione più plausibile alla crisi del cinema italiano.

Schiavone spazza via il cliché del brillante laureato che combatte l’infausto destino del telefonista. Nell’Italia moderna, moderna si fa per dire, sono precari anche i giovani che esercitano le libere professioni. È l’Italia stessa a essere precaria, ma non per questo andrà a fondo. “Si facevano figli anche quando c’era la guerra”, ricorda uno dei personaggi del romanzo di Schiavone. E il protagonista, per quanto macerato dai dubbi, ne conviene. Non c’è disperazione esistenziale in “Nessuna carezza”. Non c’è lotta di classe. Non c’è un colpevole da additare e maledire – “fino a qualche anno fa avrebbero detto che sono i cinesi, a rubarci il lavoro, o gli extracomunitari” – ma tanta spietata autoironia.

I precari di Alberto riescono persino a essere felici e oggi come oggi, in questi tempi di indignazione a tempo determinato e lacrime televisive a pagamento, ridere è l’atteggiamento più sconveniente che possa esserci. Per quanto possano aver visto tramontare gran parte dei sogni dell’adolescenza, non hanno perso la voglia di vivere e superano ognuno a modo proprio la corsa a ostacoli che la vita ci pone davanti. Il datore di lavoro – un ingrosso di alimentari – si adatta, in qualche misura, a recitare il ruolo del cattivo, ma con poca convinzione. È uno sfigato anche lui, per certi versi messo peggio dei suoi sottoposti, ma lasciamo che sia Alberto a raccontarvelo. Certo, non mancano i soprusi, quelli ci sono e ci saranno sempre, ma vengono sconfitti dall’ironia travolgente di Schiavone, che non ci fa mai perdere il sorriso. Per questo è bene essere chiari: il romanzo non ha messaggi da mandare al mondo. Non si pronuncia sull’art. 18. Non troverete neanche una critica al governo, né al Jobs act del boy scout, né all’austerity della Merkel, se è la consolazione che cercate. Nelle pagine del romanzo, tuttavia, si respira un sorprendente (ingiustificabile, per i soliti soloni) quanto salutare ottimismo, una voglia di giocarsi la partita fino all’ultimo minuto. Una volta chiuso il libro e riposto nello scaffale, non rimarrete col magone ma vi verrà voglia di andare a comprare una confezione da sei di birra – citazione, vedrete, con casuale – e di riscoprire un po’ il ragazzo o ragazza che era ed è in voi, perché la vera conquista non è l’agognato posto di lavoro ma rimanere se stessi, ritrovare – in fondo alle delusioni, che pure ci sono – desideri da coltivare. Farsi trovare pronti a tutto, qualcosa accadrà.

*”Nessuna carezza” di Alberto Schiavone, pp. 174, euro 14, Baldini & Castoldi

@barbadilloit

Roberto Alfatti Appetiti

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