L’intervista che ieri Pierluigi Bersani ha rilasciato a Mimmo Parrella, direttore del giornale regionale “La Nuova del Sud”, è molto interessante. Tra le tante cose che il segretario nazionale del Pd dice, ce n’è una che colpisce molto: “Vengo in Basilicata quando cerco qualcuno che sappia di cultura di Governo”. Ora, io non nego affatto che l’attuale classe dirigente lucana abbia maturato nel tempo un’esperienza politica e amministrativa tale da renderla capace di far funzionare la macchina del governo regionale. Ma Bersani, quando prende a modello il “sistema” Basilicata, compie un azzardo non da poco, perché in tutto il suo discorso – che, ancora una volta, utilizza a sproposito la parola “morale” – non c’è un solo riferimento al clientelismo, al voto di scambio, ai continui sprechi, ai fondi europei non spesi, alle nomine partitiche negli enti regionali, sub-regionali e nella sanità, alle assunzioni dei famigliari e di accoliti vari. Qualcuno potrebbe dirmi: sì, ma lui fa campagna elettorale, cos’altro avrebbe dovuto dire? Giusta obiezione. Ma io mi chiedo: davvero se Bersani dovesse andare a Palazzo Chigi – con presumibilmente Roberto Speranza e Filippo Bubbico in postazione di governo – attuerà per l’Italia il “modello Basilicata”? Davvero verrà nazionalizzata la pratica delle procure parallele, dei cerchi magici, dei giornalisti “cooptati” (uso un eufemismo), delle consulenze agli amici degli amici, degli sprechi per accontentare i tanti portatori di voti? Si trema al solo pensiero, e non già per un fatto morale (non ho titoli per questo argomento, a differenza loro), ma per un fatto finanziario, perché già vedo crescere a dismisura il nostro debito pubblico, che ha superato i duemila miliardi di euro. Ognuno è libero di dire quello che vuole, ci mancherebbe, ma Bersani dovrebbe essere anche più prudente sul petrolio (“chi estrae deve anche fare investimenti produttivi”), perché l’affaire petrolifero in Basilicata l’ha gestito lui quando era al governo e i suoi uomini in loco (e sono ormai quindici anni che hanno voce in capitolo). Mi chiedo poi se il “modello” Basilicata varrà anche nel rapporto di “amicizia” con il Pdl. Staremo a vedere. Non so voi, ma io mi sento preso in giro. E la cosa non riguarda tanto me personalmente – perché vivo, lavoro, penso, agisco altrove e non vivo né di Basilicata né di politica – ma i tanti lucani che in queste ore mi hanno raccontato di paure e di ricatti, di controlli militari e di promesse (a spese nostre). E’ questa la nuova e radiosa primavera democratica del Pd? E guardate, voglio dirlo con grande sincerità: non mi scandalizza la disonestà politica (argomento che inizia agli albori della politica e che finirà con l’estinzione del genere umano), ma quando la si ammanta con parole buone, edificanti, “migliori”. Ecco, io di questi del Pd non sopporto la presunta superiorità morale, il mettersi – senza averne i titoli – al di sopra degli altri. So che in Basilicata è ancora forte il partito della spesa pubblica, il partito dei sindacati, il partito dei beneficiati da un sistema “sovietico” (perché in Basilicata anche l’iniziativa privata è “pilotata” dalla politica). Ma sta emergendo una nuova società di partite iva, di precari, di studenti e professionisti che non hanno più voglia di battere le mani per la conservazione dello status quo. Nella Basilicata del futuro – sempre che la Basilicata voglia avere un futuro – io vedo meno politica e più società, più impresa, più lavoro vero. E’ solo un sogno? Concludo ricordando a tutti che se qualcuno va a rileggersi i discorsi di Mao Tse Tung, di Stalin, di Enver Hoxha, di Kim Il Sung, di Fidel Castro, di Ceausescu, scopre che sono pieni di parole come “amore”, “amicizia”, “fraternità”, “moralità”, “popolo”, “bene collettivo”, “pace”, ecc. Non voglio assolutamente fare paragoni – perché Bersani è tutto sommato un buon uomo, un umile figlio della provincia italiana, un lavoratore instancabile –, ma sarebbe ora di scrollarsi di dosso la discrasia tra parole e fatti, la sindrome dei “migliori”, la pratica della doppia morale, la convinzione moralistica e falsa della “diversità”, l’idea che chi non la pensa come loro è un deviazionista fascista. Penso che riceverebbero anche più voti, se solo imparassero a smettere di essere così arroganti e spocchiosi. Anche perché non hanno nessun titolo – rimanendo al “modello Basilicata” – nel dirsi diversi, superiori, migliori. E su questo sono disposto a confrontarmi fin sulla luna.
*”Il Quotidiano della Basilicata”, 9 febbraio 2013