Quel gran genio di Maurizio Mosca, a proposito della campagna elettorale che entra oggi nella sua fase più calda, ci avrebbe fatto non solo il “pendolino”, con le previsioni sulla vittoria, ma una puntata al giorno della sua rubrica con le “bombe” di mercato. Gli assist, del resto, sarebbero caduti copiosi in area di rigore. «Vi restituisco l’Imu», spara Berlusconi. E Monti contrattacca: «Io abbasso l’Irpef». Poteva mancare, allora, la raffica di Bersani? «50 miliardi di euro in titoli per ripianare i debiti dello Stato nei confronti delle imprese». Così, ogni giorno, ci si ritrova l’ennesima mitragliata del Cav su «quattro milioni di nuovi posti di lavoro», magari dopo aver sentito Grillo che promette «reddito minimo garantito per tutti». Proprio per non farsi mancare nulla arriva anche la perla giustizialista di Ingroia: «Aboliamo i ricorsi in Appello».
Tutte “bombe” più o meno improbabili, queste, che piovono su una campagna elettorale che continua invece a eludere i grandi temi: sovranità nazionale, contrasto strutturale alla crisi, politica industriale. Di fatto, direbbero i politologi, il confronto tra i partiti si sta trasformando in una rincorsa allo “stimolo” più che alla persuasione su un programma di governo. Una logica da proporzionale, la chiama Massimo Franco sul Corriere, e non da partiti che si confrontano in un’ottima maggioritaria e matura.
L’unica verità dietro le “bombe”, questo è il retroscena sempre meno celato, sembra essere quella che ufficialmente viene negata dai più: la grossa coalizione. Un aggiornamento 2.0 della Prima repubblica chiamato Terza repubblica. Lo dicono i sondaggi (non ci sarà una maggioranza politica al Senato), lo sanno i protagonisti (che si stanno preparando da tempo). Per questo motivo, la rincorsa alla “minor” sconfitta possibile è lanciata come l’unico tema sul quale far convergere le energie.
A quest’eventualità del governissimo stanno lavorando da un po’ gli sherpa dei maggiori partiti: non a caso si parla già del dicastero da riservare a Mario Monti, sempre che D’Alema accetti di lasciare al premier la Farnesina. Da parte sua Silvio Berlusconi non sta di certo a guardare e, se non crede di certo alla “remuntada”, sa perfettamente che la sua spendibilità negli equilibri della prossima legislatura sarà direttamente proporzionale al risultato “choc” che lotta per ottenere il 24 e 25 febbraio.
L’orizzonte insomma, nonostante la polvere alzata dal battage elettorale, è chiaro. Ma i partiti – o meglio i settori “interessati” di Pd, centristi e Pdl – sanno bene che per il momento è la dissimulazione l’unico codice da adottare. Per questo motivo parte del loro tempo è investito nel cercare di oscurare gli stessi alleati o avversari prossimi – vedi il caso di Fratelli d’Italia, di Fermare il declino o quello di Rivoluzione civile – che si oppongono all’eventualità di un governo di unità nazionale o che in qualche modo possono ostacolare il risultato elettorale sperato. E per fare questo non c’è di meglio che sparare una “bomba” ogni giorno più grossa. In attesa della «superbomba», quando Maurizio Mosca, annunciandola in diretta, esplodeva nel pentolone…