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Home Esteri

L’intervista. Gregory Alegi: “Gli F35 servono alla Difesa italiana per essere efficiente”

by Marco Petrelli
14 Maggio 2014
in Esteri, Le interviste, Politica
1

F-35A“Mandereste i vostri figli a una gita scolastica con un pullman del 1974? Utilizzereste in azienda un computer del 1974? Se la risposta è no, perché dovrebbe essere strano sostituire il Tornado, che quest’anno festeggia i 40 anni dal suo primo volo?”. Gregory Alegi, docente di Storia dell’Aeronautica all’Accademia Aeronautica di Pozzuoli e docente di Storia delle Americhe all’Università Luiss “Guido Carli” di Roma, non ha dubbi: un programma di ammodernamento dell’Aeronautica Militare Italiana è necessario. E ci spiega il perché, partendo dai tanto contestati F35. a partire dai tanto contestati F35.

 F-35: professore occorrono davvero questi caccia al nostro Paese?

 La domanda è fuorviante. Per rispondere bisognerebbe specificare il “livello di ambizione”, cioè il peso che immaginiamo per l’Italia nelle relazioni internazionali. Stare nel G8 comporta onori e oneri, compreso quello di mantenere forze armate efficienti, efficaci, interoperabili con i propri alleati di riferimento.

Mandereste i vostri figli a una gita scolastica con un pullman del 1974? Utilizzereste in azienda un computer del 1974? Se la risposta è no, perché dovrebbe essere strano sostituire il Tornado, che quest’anno festeggia i 40 anni dal suo primo volo?

 Chi vuole disarmare un’Italia già al di sotto dei limiti che gli USA imposero al Giappone sconfitto dovrebbe ammettere che è stanco di giocare in serie A. Per sedere a certi tavoli e contrastare la mentalità da cowboy degli USA, la grandeur napoleonica francese, l’egoismo tedesco non bastano gli appelli. A proposito: il lungo servizio del Tornado indica che l’Aeronautica Militare fa scelte tutt’altro che avventate.

 Commissione difesa: perché il Pd ha voluto presentare una moratoria sugli F-35?

Questo bisognerebbe chiederlo ai membri della Commissione, tanto più che il documento mette in difficoltà il ministro della Difesa Roberta Pinotti, che pure è del loro stesso partito. Se non fosse che il PD ha sempre avuto un rapporto ambivalente con i temi della sicurezza e della difesa, si sarebbe portati a pensare a una manovra elettoralistica o al tentativo di pescare voti nel serbatoio dello scontento populista. Peraltro i clienti dell’F-35 aumentano ogni mese: alla fine della moratoria l’eventuale voltafaccia italiano sarebbe ancora più difficile da giustificare in termini operativi.

Nel contesto di ammodernamento dell’Aeronautica Militare Italiana ha senso proporre un dimezzamento dell’acquisto dei caccia multi ruolo?

Tutto si può sostenere, ma la correttezza impone di spiegare i parametri per il dimensionamento di una forza armata: numero di basi, ore di volo, disponibilità media, missioni quotidiane, esigenze di addestramento e così via. Senza questo ragionamento – del quale nel documento non vi è traccia – è difficile dare un senso ai numeri proposti. Quello che è chiaro è ripartire i costi fissi su un minor numero di velivoli ne aumenta il costo medio: tutto il contrario del risparmio. Non solo: diminuire la quota industriale riduce i ritorni. Perché, sia chiaro, c’è già chi si è offerto di montare gli aerei e curarne la manutenzione al posto dell’Italia.

Il Ministro Pinotti ha parlato di “libro bianco” e rimodulazione del programma F35. A cosa si riferisce?

Il Libro Bianco è un documento programmatico che spiega i propri obiettivi, illustra i mezzi per raggiungerli e quantifica le risorse necessarie. In Italia dal 1969 la Difesa ne ha prodotti tre. Il migliore fu quello presentato del 1985. L’ultimo è del 2002. Una revisione dei compiti della Difesa fornirebbe il quadro di riferimento necessario per un corretto dimensionamento delle quattro forze armate, eliminando duplicazioni o eredità del passato. A quel punto qualsiasi rimodulazione dell’uno o dell’altro programma – allungandolo nel tempo o modificandone i quantitativi – avverrebbe in maniera trasparente, in un quadro razionale e impegnando il nome di chi lo firma. Più che cercare di forzare i risultati, bisognerebbe dunque aiutare il ministro a vincere la sfida con un Libro Bianco di altissimo livello.

Contrariamente a quanto spesso riportato dalla stampa, la nostra adesione alla NATO non ci vincola all’acquisto dei Lightning II. Sarebbe plausibile, dunque, ipotizzare che AMX ed Eurofighter possano sopperire ai più moderni e costosi F-35?

Sull’F-35 la stampa non ha brillato, soprattutto perché ha privilegiato gli oppositori del programma senza cercare di capire la portata rivoluzionaria del sistema. Furtività, net-centricità, fusione dei dati sono innovazioni radicali, che determineranno il modo di operare per i decenni a venire. Senza macchine idonee, non potremmo neppure dare un contributo allo studio delle opzioni strategiche.

L’AMX nacque come complemento leggero ed economico al più sofisticato Tornado: non si può pensare che vada addirittura a sostituirlo dal 2025. L’Eurofighter fu concepito per la difesa aerea e in quel ruolo eccelle nel 2014. Eppure anche il maggior partner di Eurofighter, la Gran Bretagna, vuole ben 138 F-35B per il ruolo di attacco: vorrà pur dire qualcosa.

La NATO non impone specifici sistemi d’arma ma fissa standard per operare insieme. Quando l’Italia li ha seguiti si è trovata bene. Quando ha cercato scorciatoie ha avuto macchine non impiegabili nei moderni contesti operativi e soggette a frequenti e costosi aggiornamenti. Per i costi sarebbe opportuno comparare grandezze omogenee. Applicare agli F-35 di serie il costo dei prototipi è fuorviante, perché sinora ogni lotto è costato meno di quello precedente. I diversi velivoli vanno valutati a parità di equipaggiamento: il  radar a scansione elettronica è presente, come sull’F-35, o è un aggiornamento da sviluppare e pagare a parte. È una questione complessa, poco adatta a un dibattito a colpi di tweet.

@barbadilloit

@marco_petrelli

 

Marco Petrelli

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