I giovani under 23 che andranno per la prima volta a votare non hanno il cuore che batte a destra. Il primato tra le simpatie giovanili, vanto per generazioni di dirigenti missini e postmissini, è stato demolito dall’ultimo sondaggio curato per il Corriere della Sera da Renato Mannheimer. Tra gli under 23 il 30,4% sceglierà alle politiche Grillo; il 28,6 il Partito democratico. Il Pdl ottiene solo il 12,4% di consensi tra i ragazzi al primo voto, mentre il neonato movimento di Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto, Fratelli d’Italia, raccoglie il 3,4%, un dato non esaltante; la Lega il 2,2%.
I dati sulla fascia di età che va dai 24 ai 34 anni confermano il buon seguito di Grillo (18,9%), registrano il primato del Pd (30,9%), il terzo posto del Pdl (15,5%); La Destra (1,6%), Fratelli d’Italia (2,3%).
Il calo di consensi dei giovani per la destra è in parte fisiologico, perché determinato dagli ultimi cinque anni del governo Berlusconi, che hanno visto le organizzazioni giovanili costrette a silenziare legittime proteste – su temi di legalità o lavoro – per assonanza con l’esecutivo (il ministro della Gioventù era Giorgia Meloni). Ma questo aspetto non coglie un dato strutturale: l’evoluzione di An nel Pdl ha comportato un progressivo indebolimento delle strutture politiche giovanili, rimaste presenti con una certa consistente rappresentanza soprattutto nelle università (con il Fuan e Azione universitaria). La tradizione di militanza territoriale, invece, è andata affievolendosi. Con l’eccezione della Meloni, la presenza nell’ultimo parlamento di giovani parlamentari di destra (solo in Puglia sono state nominate due giovanissime nelle scorse politiche) non è stata accompagnata da attivismo o da iniziative di cui restano tracce. Questa deblacle è frutto anche della rinuncia al modello di partito organizzato, rinuncia decretata dai vertici di An, con la fondazione del Pdl: e la classe dirigente ex Azione giovani non si è opposta con la necessaria determinazione a una prospettiva rivelatasi nefasta.
Poi c’è il fallimento della prospettiva “metapolitica” e che meriterebbe un saggio a parte: il ventennio che si chiude – con gli ultimi cinque anni disastrosi – ha certificato una idiosincrasia della destra per il mondo della cultura, delle arti, del cinema, dell’innovazione. Un sostanziale immobilismo nel web, dove la sinistra è avanti anni luce quanto a conoscenza degli strumenti e proposte editoriali o aggregative. In televisione non c’è stata una sola trasmissione che raccontasse cosa si muoveva tra i giovani non allineati… E i pochi scrittori o artisti che non si sono mai intruppati a sinistra, sono stati sostanzialmente trascurati dalla destra istituzionale. In più c’è stata una riflessione troppo superficiale sull’arcipelago delle realtà non conformi, dell’associazioni culturali (Terra Insubre), delle case editrici, dei movimenti giovanili extrapartitici (CasaPound o Cervantes) che hanno prodotto campagne interessanti (come quella sul Mutuo sociale) nonché intercettato umori profondi che la politica ha mostrato di non saper più interpretare.
Da qui il sondaggio di Mannheimer che fotografa la debolezza tra i giovani della destra, proprio in tempi nei quali la Repubblica, quotidiano della sinistra riflessiva, nella disperata ricerca di un nuovo Che Guevara, è costretta a santificare il fascista rosso Eduard Limonov…
@waldganger2000