«Thank you, thank you». Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama lo avrà ripetuto almeno tre o quattro volte stringendo la mano di Papa Francesco. Il capo della prima potenza mondiale si è lasciato scappare anche un italianissimo «grazie» all’indirizzo del monsignore che lo ha aiutato ad accomodarsi dinnanzi al vescovo di Roma. L’incontro nel palazzo apostolico è durato cinquanta minuti. Fra i due, il più emozionato – al limite dell’imbarazzo – sembra proprio il leader statunitense. Per qualcuno Obama si è addirittura commosso.
Sono però i sorrisi a prendere il sopravvento durante un’udienza segnata da alcuni primati storici. A sedersi faccia a faccia sono infatti il primo presidente “nero” degli Usa e il primo Papa sudamericano. A guardarsi negli occhi sono due leader che nella primissima fase del loro mandato hanno ricevuto un consenso planetario straordinario, al limite del messianico. E mentre l’astro di Obama è entrato nell’ultimo scorcio del suo mandato, l’immagine del Papa è percepita dallo stesso titolare della Casa Bianca come in ascesa. Tra loro due c’è di mezzo anche il premio Nobel per la pace: Obama l’ha ricevuto – tra le polemiche – nel 2009; mentre Francesco è attualmente in nomination, assieme a Vladimir Putin, per l’impegno contro l’intervento militare in Siria. Un’azione diplomatica che nei fatti ha minato gli interessi geopolitici statunitensi sul vicino-oriente.
È appunto la politica internazionale a tenere banco durante l’incontro. Nel dettaglio c’è la crisi esplosa in Crimea e l’azione muscolare della Russia. La conferma arriva, anche se con linguaggio criptato, dal bollettino emesso dalla sala stampa vaticana: «I cordiali colloqui – si legge – hanno permesso uno scambio di vedute su alcuni temi attinenti all’attualità internazionale, auspicando per le aree di conflitto il rispetto del diritto umanitario e del diritto internazionale e una soluzione negoziale tra le parti coinvolte».
Dietro la palpabile emozione del presidente Obama si celano equilibri tutti interni al consesso statunitense. A pesare nell’agenda del leader democrat ci sono le elezioni prossime elezioni di medio-term. L’obiettivo è quello di intercettare gli umori dell’elettorato cattolico e colmare il gap nei sondaggi con i repubblicani. Il presidente Usa è dunque tra due fuochi: la popolarità crescente di Francesco in patria, soprattutto tra i cittadini di origine ispanica, e la necessità di rimodulare i rapporti con i vescovi americani, entrati in freddo per le divergenze in materia di aborto. Riferisce infatti la sala stampa diretta dal gesuita Federico Lombardi: «Nel contesto delle relazioni bilaterali e della collaborazione tra la Chiesa e lo Stato, Francesco e Obama si sono soffermati su questioni di speciale rilevanza per la Chiesa nel Paese, come l’esercizio dei diritti alla libertà religiosa, alla vita e all’obiezione di coscienza nonché il tema della riforma migratoria».
A condire l’attesa dell’incontro ci sono state, tuttavia, le parole rilasciate in esclusiva da Obama a Massimo Gaggi del Corriere della Sera. «Una delle qualità che ammiro di più nel Santo Padre è il suo coraggio nel parlare senza peli sulla lingua delle sfide economiche e sociali più grandi che ci troviamo ad affrontare nel nostro tempo. Questo non significa che siamo d’accordo su tutte le questioni, ma sono convinto che la sua sia una voce che il mondo deve ascoltare».
«Lui ci sfida. Lui – continua il presidente americano – ci implora di ricordarci della gente: soprattutto della povera gente, la cui vita è condizionata proprio dalle decisioni che noi prendiamo. Lui ci invita a fermarci a riflettere sulla dignità che è innata in ogni essere umano. E, come abbiamo già avuto più volte modo di toccare con mano, le sue parole contano. Con una sola frase – sottolinea Obama – egli è in grado di focalizzare l’attenzione del pianeta su una questione urgente. Il Papa è in grado di spingere le genti del mondo a fermarsi a riflettere. E magari a rivedere certe vecchie abitudini: cominciare a trattarsi reciprocamente con maggiore senso della compassione e della dignità».