«Lo Stato può fare quello che desidera: sconterà che una buona parte di manager vada via, lo deve mettere in conto». Così Mauro Moretti, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, ha commentato l’ipotesi di riduzione dei compensi per i super-manager ventilata dal governo. Se ciò dovesse avvenire che cosa farà l’ad, se ne andrà? Risposta scontata: «Ma non c’è dubbio».
Moretti si spiega: «Io prendo 850mila euro l’anno, il mio omologo tedesco ne prende tre volte e mezzo tanti: siamo delle imprese che stanno sul mercato ed è evidente che sul mercato bisogna anche avere la possibilità di retribuire, non dico alla tedesca e nemmeno all’italiana, ma un minimo per poter fare sì che i manager bravi vengano dove ci sono imprese complicate e dove c’è del rischio ogni giorno da dover prendere». Sì, per «imprese che stanno sul mercato», il manager contempla quella dei trasporti su rotaia. Quello italiano, cioè, sarebbe un “mercato”, con in campo un solo concorrente (per giunta svantaggiato da una serie di fattori): Italo.
Ma l’invettiva del manager cresciuto nella Cgil non finisce qui. Perché, certo, «ci sono forse dei casi da dover rivedere ma la logica secondo cui uno che gestisce un’impresa che fattura oltre 10 miliardi di dollari l’anno, come la nostra, debba stare al di sotto del presidente della Repubblica è una cosa sbagliata». È chiaro, la spending review può toccare tutto e tutti – dalle pensioni ai costi della politica – ma guai a chiedere una riduzione dei compensi (molto alti) ai supermanager di Stato.
Dichiarazioni del genere, insomma, dimostrano tutta la distanza dal Paese reale da parte di alcuni esponenti del management (lo stipendio medio di un italiano è intorno ai 1100 euro). Ma non sorprendono dato che solo qualche giorno fa Moretti tuonava così sull’argomento dei pendolari (le vere vittime dei disservizi di Trenitalia): «Gli abbonamenti ferroviari dei pendolari devono aumentare, dovrebbero anzi almeno raddoppiare. Almeno come la Spagna dove costano il doppio». Del resto «50 euro al mese vuol dire nemmeno un caffè per ogni giorno». Contenti del servizio, no?