Il professor Vittorio Strada, uno dei massimi esperti italiani di cose russe. Da molti anni il suo sguardo si posa sull’enigmatico continente russo e cerca di decifrarne le evoluzioni. Tra le sue molte opere ricordiamo il recente “Lenin, Stalin, Putin” edito da Rubbettino. Abbiamo incontrato il professor Strada per discutere della crisi di Kiev, che col passare dei giorni è diventata “crisi di Crimea”.
Ucraini e Russi: due popoli molto simili, ma i cui destini si sono diversificati. La nuova cortina di ferro passa per Kiev? Quale è la sua impressione su ciò che accade in quella regione d’Europa?
Possono sembrare due popoli molto simili, ma che siano identici è forse un luogo comune. Ha affermato uno studioso di storia russa che la differenza tra Russi e Ucraini è forse più forte di quella tra Inglesi e Scozzesi. Certamente può esserci una affinità linguistica come può esserci tra lingue romanze, però c’è una differenza che è cresciuta in maniera proporzionale all’affermarsi in Ucraina di una autocoscienza nazionale.
E quando è che si forma questa autocoscienza nazionale?
A partire dall’Ottocento e i Russi hanno commesso l’errore di considerare gli Ucraini come gente loro: parte di un’unica nazione russa composta dai Grandi Russi, dai Bielorussi e dai Piccoli Russi ovvero gli Ucraini. Non hanno voluto capire che si era formato un popolo che aspirava alla sua indipendenza.
Il che vuol dire che già nell’Ottocento ci furono tensioni indipendentiste?
Certo, certo. Nell’epoca dei moti nazionali e degli irredentismi il patriottismo ucraino fu prima un fenomeno intellettuale, poi ebbe una diffusione popolare. Gradualmente questa aspirazione alla indipendenza nazionale è andata crescendo fino ad assumere forme organizzate all’inizio del Novecento suscitando reazioni da parte dell’Impero zarista che contemplarono la proibizione dell’uso della lingua ucraina considerata dai Russi come un mero dialetto.
Nel Novecento però la rivendicazione di una indipendenza nazionale si intreccia con due momenti drammatici che sono le due guerre mondiali e le due fasi di espansione tedesca sul suolo russo: quella del 1917 e quella del 1941 con l’operazione Barbarossa.
Questo fa parte della storia del Novecento, d’altra parte consideri che tra le due guerre quando si formò l’URSS vi fu una discussione riguardo alla natura dell’Ucraina e alla fine si riconobbe una Repubblica Ucraina con la sua specificità linguistica e culturale nell’ambito sovietico.
Negli anni Cinquanta arriva Krusciov, ucraino, e stacca la Crimea dalla repubblica socialista di Russia.
Quello fu un gesto senza dubbio arbitrario, compiuto nella convinzione della indistruttibilità della Unione Sovietica. Spostare la Crimea dalla Russia all’Ucraina fu per Krusciov come spostare un mobile da una parte all’altra di una stanza: un mero atto amministrativo. Krusciov, che era stato uno dei responsabili delle repressioni staliniste in Ucraina e altrove, pensò di realizzare un atto compensativo e pertanto compì quel gesto: il gesto di un autocrate il cui effetto sembrava essere meramente amministrativa. Allora.
Si creò una commistione che oggi rischia di produrre effetti “balcanici”.
Dopo la dissoluzione dell’URSS, lo Stato dell’Ucraina si è formato mantenendo i vecchi confini amministrativi e questo è un dato di fatto che vale per tutte le repubbliche ex sovietiche: confini che in principio erano concepiti come confini interni e dal punto di vista della distribuzione delle nazionalità spesso erano arbitrari. Alla caduta del comunismo, si è avuto il buon senso di non mettere in questione questi confini perché altrimenti sarebbero avvenuti conflitti mostruosi, molto peggiori di quelli che hanno caratterizzato la Jugoslavia. Si decise di lasciare intatti quei confini per quanto arbitrari. L’arbitrarietà nel caso della Crimea è evidente e tuttavia è una esagerazione dire che nella repubblica ucraina vi siano dei russi “perseguitati”.
Il nuovo governo Yatsenyuk, filo-Ue, come primo atto a Kiev abolisce il russo come lingua ufficiale.
Innalzare il russo a lingua di Stato fu una decisione di Yanucovich, decisione anche questa abbastanza arbitraria. Faccio un esempio orientativo (anche se mi rendo conto che i paragoni tra realtà diverse come sempre sono limitati): è come se gli altoatesini pretendessero che il tedesco diventi la seconda lingua ufficiale dello Stato Italiano. Sarebbe assurdo…
La parte orientale dell’Ucraina non è come l’Alto Adige in Italia…
Certo, per questo dicevo che le analogie hanno sempre i loro limiti, d’altra parte non c’è stata alcuna persecuzione dei russi o dei russofoni ed evocare queste persecuzioni ricorda i discorsi che faceva Hitler un attimo prima di annettere i Sudeti.
Dicendo questo è come se tracciasse un altro filo di analogia tra Putin e …
Ripeto le analogie sono tutte un po’ zoppicanti, non voglio fare alcuno paragone. Nessuno pensa che Putin possa essere paragonato a Hitler. E il mondo di adesso è molto diverso dal mondo del 1939.
Lei ritiene che si vada verso una pacifica annessione della Crimea alla Russia?
Certo, nel momento in cui si formula un quesito referendario in Crimea del tipo: “volete rimanere nella repubblica ucraina o un ritorno alla Russia?” penso che l’esito sia scontato e forse a questo punto una situazione diplomatica che preveda anche un’autodeterminazione della regione può essere considerata la soluzione migliore: o comunque sempre meglio della prova di forza.
Siamo di nuovo in una situazione di “guerra fredda”.
Ritorna sui giornali l’espressione guerra fredda, ma la guerra fredda fu uno strascico della seconda guerra mondiale, ebbe una forte dimensione ideologica e comportò anche conflitti locali “caldi” (a partire dalla Guerra di Crimea). Tenderei ad evitare le semplificazioni giornalistiche.
L’ideologia dei “diritti umani” qualche volta viene utilizzata per mettere in difficoltà Putin.
Se uno crede che i diritti umani abbiano valore allora essi devono valere dappertutto, lo stesso dicasi della democrazia. Se si crede che siano spazzatura si possono invece buttare in un angolo. Come principi devono essere fatti valere dappertutto, anche se ammetto che talora della rivendicazione dei diritti umani si fa un uso improprio. In questo caso i diritti umani sono stati violati anche da parte ucraina, ma soprattutto dai Russi, perché fino a prova contraria la Crimea fa parte di uno Stato sovrano.