A «tumulazione avvenuta», come ha osservato uno dei “sepolti” della querelle liste, ossia Pasquale Viespoli, è possibile adesso tracciare una mappa di quella che potremmo chiamare, a questo punto, lista dei “camerati (politicamente) estinti”. Di quelli, cioè, che non ritroveremo nella prossima legislatura sotto le insegne del Pdl perché “asfaltati” come componente politica. Ci sono nomi eccellenti e altri meno noti che però – sul territorio – fanno discutere. Il minimo comun denominatore, nella diversità dei personaggi e del peso specifico, è la genesi: sono gli ex An.
Prendiamo un ex ministro dell’ultimo governo Berlusconi come Andrea Ronchi, finiano di ferro che ha scelto però di non seguire il presidente della Camera nel passaggio all’opposizione “totale” al centrodestra. Ebbene, nonostante le indiscrezioni lo davano per certo, a poche ore dalla presentazione delle liste il suo nome è stato cancellato. Lo stesso vale per Adolfo Urso, che di quel governo è stato viceministro, il quale nell’ultimo anno e mezzo ha aiutato in tutti i modi Angelino Alfano a creare la cosiddetta “costituente popolare”. Ebbene, nemmeno per il presidente di Farefuturo, che ha rotto un sodalizio trentennale con Gianfranco Fini proprio in nome della ricomposizione del centrodestra, c’è stato posto. E a quanto pare la comunicazione è avvenuta con un gelido dialogo via telefonino. Stesso discorso per Pasquale Viespoli, intellettuale cresciuto con Rauti nonché già sindaco di Benevento, considerato uno dei “galantuomini” provenienti dal Msi. Anche per lui – che con il gruppo al Senato chiamato “Coesione nazionale” aveva sancito lo strappo dalle posizioni terziste di Fini – non c’è stato verso: di qui lo sfogo dell’“asfaltato”.
Certo, tutti questi alla fine avranno avuto servita la vendetta fredda di chi non gli ha perdonato il peccato di aver alimentato – salvo pentimento – la fronda finiana. Ma ad essere esclusi dalle liste del Pdl – o a rifiutare posti di pura “testimonianza” dietro ai vari Razzi e Scilipoti – sono stati anche e soprattutto molti rappresentanti dell’ala legittimista. A partire da Mario Landolfi, campano ed ex ministro, che ha gridato alla “pulizia etnica” lamentando come «quella “A” e quella “N” sono peggio delle lettere scarlatte». Oppure il caso di Marcello De Angelis, deputato e direttore del Secolo d’Italia, che non risulta nelle liste del Pdl nonostante lo sforzo parlamentare e quello di “traghettatore” di un quotidiano falcidiato dallo scontro tra ex.
Dal Nord al Sud, insomma, di ex An in posizione “sicura” non v’è quasi traccia. Non pervenuti, ad esempio, in Piemonte, dove invece è stata “catapultata” la romana Annagrazia Calabria in quota azzurri junior. Stessa discorso per la Lombardia, a meno che Daniela Santanchè possa essere considerata in qualche modo organica alla componente. In Emilia Romagna su tutte le furie la componente giovanile per l’esclusione di un campione di preferenze come Galeazzo Bignami. Stesso discorso per il depennamento di parlamentari storici come Filippo Berselli e Fabio Garagnani: tutto questo per far posto a candidati che non risultano avere particolare dimestichezza con l’accento del luogo. Il caso Lazio, poi, assume i contorni dello psicodramma. Da una parte per la scissione della forte componente dei “Fratelli d’Italia “ che fa capo al consolato di Fabio Rampelli e Giorgia Meloni. Dall’altra perché solo la componente alemanniana può sperare di ottenere qualche seggio (in lista tra i salvati ci sono Andrea Augello e Barbara Saltamartini). Sbianchettato il nome di Silvano Moffa, ex rautiano, giornalista del Secolo d’Italia, e animatore del gruppo parlamentare “Popolo e territorio” con transfughi ex finiani.
Nel Mezzogiorno, ex granaio di consenso per la destra, il discorso non cambia. Che dire della Calabria dove l’ex sindaco di Reggio, Demetrio Arena, ha scelto di rifiutare il settimo posto in lista dietro dato che sarebbe stato preceduto niente poco di meno che da Scilipoti? Nella Toscana di Altero Matteoli, solo l’ex ministro è in lista. Gli altri? Emigrati verso La Russa-Meloni. In Puglia nel Pdl di ex An eleggibili resta solo il senatore Francesco Amoruso. Nessun possibile eletto a Foggia, Bari, Lecce e Taranto nelle liste berlusconiane, dove c’era tra gli uscenti almeno un parlamentare. Una ecatombe. In Sicilia poi, terra sempre generosa con il partito che fu di Almirante, avviene sotto silenzio un vero e proprio stillicidio. Pare che il solo Basilio Catanoso – ex enfant prodige del gruppo giovanile di An, di cui è stato segretario nazionale – sia tra i possibili deputati della prossima legislatura. Questo è ciò che avviene nel Pdl.
Ci sarà spazio per altri all’interno del partito di Storace e in quello del trio Meloni-Crosetto-La Russa. Ma, conti alla mano, la pattuglia dei figli della Fiamma rischia di non replicare neppure i risultati del Msi sotto l’arco costituzionale. E dobbiamo risalire al 1992… Tutta colpa degli epuratori?