Rimettere a posto il mondo dell’editoria italiana tagliando i contributi statali alle testate giornalistiche. Sembra un paradosso ed invece è una proposta concreta del Movimento 5 Stelle che è stata presentata alla Camera, la scorsa settimana, dal barese Giuseppe Brescia. Secondo i calcoli dei pentastellati, tagliare i contributi alle testate giornalistiche che ricevono finanziamenti pubblici comporterebbe un risparmio di 80 milioni di euro da reinvestire, subito, nel finanziamento di start up editoriali. Un colpo all’odiata casta dei giornalisti, insomma, ed una boccata d’ossigeno per chi, con pochi soldi, prova a sperimentare forme future di giornalismo.
Ma cosa sono i finanziamenti pubblici all’editoria? In Italia esistono due tipologie di finanziamento in favore delle testate giornalistiche: ci sono i contributi indiretti (fortemente ridotti nel 2010) e quelli diretti. Se i finanziamenti indiretti sono inquantificabili, di quelli diretti si conosce tutto: sono veri assegni staccati dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria in favore delle imprese editoriali (giornali di partito e delle minoranze linguistiche) o di imprese editoriali senza scopo di lucro (ad esempio, enti morali o cooperative). Nel 2012 (ultimi dati disponibili) sono state 45 le imprese che si sono divise i contributi riservate a giornali di partito o minoranze linguistiche (tra loro, l’Unità, Avvenire, Il Foglio) e 135 le no-profit che, però, si sono dovute accontentare di cifre nettamente inferiori.
La proposta di legge del Movimento 5 Stelle, nata in rete grazie al supporto dei militanti, verte su due articoli che potrebbero rivoluzionare il panorama editoriale italiano. Da un lato c’è l’abolizione del finanziamento pubblico e la volontà di sostenere le start up giornalistiche; dall’altro i 5 Selle dicono di voler eliminare l’obbligo “di pubblicazione dei bandi di gara sui quotidiani”, ma promettono di mantenere in vita il fondo per la mobilità e la riqualificazione professionale dei giornalisti. L’obiettivo, come racconta Brescia in questo video, è ambizioso: tutelare posti di lavoro e garantire il pluralismo dell’informazione.
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La strada, va sé, sembra essere complicata: toccare i fondi destinati ai giornali di partito (ma non solo) non sarà facile perché i loro difensori siedono un po’ ovunque in Parlamento. E non bisogna dimenticare che i giornali di partito, per quanto li si possa ritenere retaggio novecentesco, sono stati storicamente palestra di nuove leve culturali e civili.
Tuttavia la sfida segna un nuovo passo per i pentastellati: per la prima volta il Movimento 5 Stelle guarda al mondo del giornalismo non come un nemico da abbattere, ma come un pezzo di Paese da riformare profondamente.