Non ci sarà “Nick”. E il bibliofilo. Così come l’uomo forte dell’ex superministro dell’Economia. E nemmeno l’ex ministro con la casa vista Colosseo. A quanto pare, con l’esclusione dalle liste elettorale, in ordine di presentazione, di Nicola Cosentino, Marcello Dell’Utri, Marco Milanese e Claudio Scajola, il Pdl ha innestato nella propria campagna elettorale un tema inedito: l’opportunità politica. Argomento che, per il partito di Silvio Berlusconi ma principalmente per il Cavaliere stesso, rappresenta una riforma copernicana della propria ragion d’essere.
Soprattutto per ciò che riguarda Nicola Cosentino, potere fortissimo del Pdl campano, accusato dalla magistratura di essere il referente politico del clan dei Casalesi e il cui arresto è stato impedito dal Parlamento che ne ha garantito fino a ieri l’immunità: un caso politico, questo, che ha tenuto per una settimana il partito col fiato sospeso. Alla fine – e con strascichi che rimarranno letteratura per l’appendice di questa Seconda repubblica – Berlusconi, nonostante la sua personale stima, ha messo l’ultima parola sull’“inopportunità” di ricandidare il politico campano. Anche gli avversari – così come la stampa internazionale – non hanno potuto che prendere atto di questo scarto del Pdl, seppur bollandolo come “tardivo”.
Vittoria del gruppo di pressione dei giudici e dell’antipolitica giustizialista? Di certo vi è stato un seppur minimo contagio. Vittoria della linea di Angelino Alfano e del suo “partito degli onesti”? In qualche modo sì, anche se ottenuta davvero all’ultimo secondo disponibile, e con una “sceneggiata” che rappresenta, ancora una volta, un partito che fatica a trovare meccanismi di selezione virtuosi in alcune aree del Mezzogiorno (stesso discorso vale per il Pd, che ha visto casi analoghi in Sicilia). Probabilmente – come i rumor hanno registrato – la vera vittoria in questo frangente è stata, ancora una volta e più prosaicamente, quella del pragmatismo: perché, secondo sondaggi, vi sarebbe stato un effetto punitivo dell’elettorato (soprattutto al Nord) nel caso in cui il Pdl avesse garantito ancora gli “impresentabili”.
Decimati gli ex an
Ma a pagare pegno, in questa tornata, non saranno solo questi. Basta scorrere i nomi delle liste del Pdl per accorgersi di come rischi di essere concreto il calo di peso della componente proveniente da Alleanza Nazionale. Uno shock che fatto gridare a qualcuno la parola “epurazione” da parte del Cavaliere, dato che i posti certi sembrano essere di poco superiori alla dozzina. Guardandola con un po’ di distacco, però, si potrebbe dire – conti alla mano – che diverse responsabilità di questo restringimento si possono addebitare proprio agli ex An.
Tra scissioni, litigi, personalismi e isterie i figliocci della Fiamma sono stati il gruppo più irrequieto della legislatura. E oggi, davanti alla paura del ridimensionamento, confermano la tendenza: c’è chi sconfessa (solo adesso?) la scelta di diluire Alleanza Nazionale, altri imputano a Fini la responsabilità dell’implosione (ma quest’ultimo è andato via due anni fa), c’è chi è diventato più “forzista” di Silvio mentre altri ancora maledicono romanticamente la diaspora. Si ritrovano tanti “cerini” insomma, tante fiammelle che cercano adesso, in ordine sparso, di superare la nottata. Obiettivo, usare un eufemismo, minimale per chi bramava di essere addirittura il “lievito” del nuovo centrodestra.