Papa Francesco non ha mai avallato deroghe ai dogmi antiabortisti. Ha ripetuto, se mai ce ne fosse bisogno, questo orientamento affidandosi ad un tweet rivolto agli oltre tre milioni di follower: «I join the March for Life in Washington with my prayers. May God help us respect all life, especially the most vulnerable». Ovvero: «Mi unisco alla Marcia per la Vita a Washington con le mie preghiere. Possa Dio aiutarci a rispettare ogni forma di vita, in particolare le più vulnerabili». Un pronunciamento effettuato in coincidenza con la quarantunesima Marcia per la Vita, in programma nella capitale statunitense. Un appuntamento ormai tradizionale per il popolo dei pro-life, che si riunisce ogni anno in occasione dell’anniversario della sentenza della Corte suprema che legalizzò la pratica abortiva su tutto il territorio federale.
Francesco rompe dunque un silenzio. Nella storica intervista concessa ad Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, fu lo stesso pontefice a prenderne atto: «Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo – ha sottolineato – non è possibile. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io – rivendicava il pontefice – sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione». Parole che nell’immediato furono accolte come una presa di distanza dal l’attivismo dei Pro-life di tutto il globo.
Il papa in questi mesi ha rivoluzionato la strategia politico-comunicativa della Santa Sede circa quei temi ritenuti eticamente sensibili. Sempre nell’intervista concessa al gesuita Spadaro, Bergoglio ha indicato una nuova ricetta. Nei sui piani, non dovrà più essere il Vaticano ad dover entrare nei dibattiti politici nazionali, ma le Conferenze episcopali e le singole diocesi. Una tattica che ha già preso forma nella stessa città del papa, Roma. Ad intervenire, infatti, nel dibattito con il sindaco Ignazio Marino sui diritti civili, è stato esclusivamente il vicariato. E non la Curia romana. Stessa cosa in Sicilia. Dove, ad esprimere perplessità contro il sindaco di Catania, Enzo Bianco, e la proposta di istituzionalizzare il registro delle unioni di fatto, c’è stata la Scuola di formazione all’impegno sociale e politico della diocesi, attraverso un documento dai toni assai critici.