Mentre il premier Shinzo Abe continua a far discutere l’opinione pubblica giapponese ed internazionale con la sua politica economica ed i suoi disegni revanscisti, l’Impero del Sol Levante si stringe attorno al proprio imperatore: Sua Maestà Akihito compie 80 anni e li festeggia salutando da un balcone del palazzo imperiale 24.000 sudditi festanti al grido di “Banzai!”.
L’Imperatore, amatissimo dai giapponesi, malgrado l’età avanzata non sembra intenzionato a venire meno ai propri doveri sovrani, in barba alle indiscrezioni che lo volevano prossimo a delegare ai figli una parte dei propri oneri. Interpellato dai giornalisti non ha lasciato spazio a dubbi: “Vorrei matenere lo status quo per il momento… Accettando i limiti derivanti dall’età, spero di continuare a svolgere il mio ruolo al meglio”. Ha poi reso omaggio alla propria consorte, l’Imperatrice Michiko, a lui sempre vicina: “Essere imperatore può portare alla solitudine, ma la presenza al mio fianco dell’Imperatrice mi ha portato conforto e gioia. Mi ha sempre rispettato e sostenuto”.
Akihito è alla guida del Giappone dall’ 8 gennaio 1989, data che gli storici indicano come l’inizio dell’era Heisei (l’era della pace ovunque), che, secondo l’uso iniziato con il suo avo Mutsuhito (l’imperatore dell’era Meiji), si concluderà con la sua morte, dopo la quale verrà ricordato come Heisei Tenno. Il regno di Akihito si è contraddistinto per aver portato a compimento quella “metamorfosi” dell’istituzione imperiale iniziata dal padre Hirohito con la “Dichiarazione della natura umana dell’ Imperatore” il primo gennaio 1946. Una dichiarazione che fu vissuta come un’umiliazione nazionale e come una vera e propria tragedia da molti giapponesi che videro crollare credenze millenarie e di cui si fece interprete, fra gli altri, lo scrittore Yukio Mishima in opere quali “La voce degli spiriti eroici”.
Il primo Imperatore “umano” a salire sul Trono del Crisantemo ha saputo però reinterpretare il proprio ruolo, mostrando di prendere sul serio quando affermato dal padre proprio in quella drammatica dichiarazione: “Il legame tra noi e il nostro popolo si è sempre fondato sulla reciproca fiducia ed il reciproco affetto”. Proprio nella capacità di creare realmente questo rapporto di fiducia ed affetto coi sudditi si è basato nell’era Heisei la solidità dell’istituzione monarchica giapponese. Privato degli attributi divini, Sua Maestà Imperiale (come sempre viene chiamato: giammai per nome!) ha dato inizio a quello che è stato definito un “sistema imperiale di massa”, caratterizzato da una vicinanza ai sudditi senza precedenti, da una costante presenza sui media e da una sentita partecipazione alle vicende sociali e politiche nazionali. Akihito ha voluto conoscere, visitandola di persona, ognuna delle 47 prefetture del suo Impero. Il punto più alto della sua popolarità e della sua empatia col popolo giapponese si registrò nel 2011 in occasione dello tsunami/terremoto/catastrofe nucleare di Fukushima, quando incontrò le popolazioni disatrate, parlando faccia a faccia con tutti e stringendo mani.
Ha anche impiegato tutta la sua autorevolezza per ricucire gli strappi della Seconda Guerra Mondiale, in particolare dimostrandosi attento all’amicizia con la Corea e, nel 2005, rendendo omaggio su quello che fu il campo di battaglia di Saipan, ai caduti di entrambe le parti. In questi anni ha anche dovuto fare i conti con una sorta di “favola di Cenerentola a contrario”, quando sua figlia, la Principessa Nori, uscì ufficialmente dalla famiglia reale ed abbandonò ogni titolo per sposare un uomo non nobile. Da allora ha preso il cognome del marito e si fa chiamare Sayako Kuroda.
Oggi l’Imperatore taglia felicemente il traguardo degli 80 anni circondato dall’affetto dei giapponesi, sempre legatissimi a quest’uomo (il primo soltanto uomo) che, salvando con la sua umanità il Trono del Crisantemo ha saputo rendere una grande servigio al suo paese.