Beppe Grillo e CasaPound. Un incontro fortuito. Un risultato, per gli amanti dei titoloni, “stupefacente”. O forse no? L’occasione per i situazionisti e nipoti di Ezra c’era tutta. E infatti, all’addiaccio assieme in attesa di poter presentare i simboli elettorali, la domanda gli è arrivata: «Grillo, i ragazzi di CasaPound vogliono sapere se sei antifascista». E il comico: «Questo è un problema che non mi compete». A suo modo quest’ultimo ha pronunciato una novità, una pillola dal principio attivo culturalmente rivoluzionario. Che per i militanti di Cpi significa un punto a loro favore.
Questo in quanto l’ingresso – sicuro e massiccio secondo i sondaggi – in Parlamento di una forza come il Movimento 5 Stelle che, a detta del suo leader e animatore, rigetta la formuletta rassicurante dell’antifascismo in luogo della contrapposizione al “montismo” («Meglio voi di CasaPound che Monti…» ha sentenziato) è uno scarto rispetto ai codici ampollosi della Prima e anche della Seconda Repubblica. Non solo. Se si vuole è la conferma, in questi mesi di exploit (non sempre accompagnati da conferme né da risultati brillanti), di un percorso fuori le categorie che si è manifestato anche di fronte a una domanda chiara, netta da parte degli occupanti di via Napoleone III.
In tanti – commentatori, blogger, cacciatori di “mostri” – sono rimasti stupiti, sconvolti da questa apertura di credito nei confronti di Cpi. Perché è un fatto che Grillo, così, ha spostato il problema dallo schema statico della politica (“stai di qua o di là?”) all’individuazione dinamica delle priorità politiche. Emergenze che si chiamano, oggi, banca sotto il controllo dello Stato, microcredito, sostegno alle aziende, reddito di cittadinanza. Temi rispetto ai quali le forze politiche maggiori, che dicono di voler agire in discontinuità con il rigorismo dei tecnici, devono ancora dimostrare cosa intendono fare.
Proprio su alcuni di questi punti, in particolare, gli aderenti di CasaPound sostengono di avere le idee chiare. Lo stesso rivendica Grillo. Ma se si va vedere, ad esempio, l’assonanza in termini di economia e politica monetaria non si può non osservare come sia proprio il comico genovese a dover pagare tributo ai primi. Del resto non è un mistero come Grillo stesso sia stato avvistato – diversi anni fa – ad alcuni seminari del compianto Giacinto Auriti, interprete e divulgatore delle intuizioni poundiane, proprio sul tema del signoraggio e della sovranità monetaria.
E che dire, poi, dell’argomento dell’indipendenza energetica o di quello del contrasto alla delocalizzazione? Tutte tematiche che, negli ambienti non conformi italiani ma anche nella tradizione politica di una destra innovatrice e realista, sono stati e continuano a essere punti strategici. Per non parlare, poi, di una vena antipartitica che si registra nelle intemerate di Grillo e di un certo gusto per la dissacrazione dei “santuari” ingessati di alcune istituzioni: richiami, nemmeno troppo velati, alla guasconeria vitalistica che ha caratterizzato la prima stagione del fascismo italiano.
Tutto questo è sufficiente per poter parlare di una convergenza tra CasaPound e Grillo? Non è questo il punto. È lo stesso vicepresidente di CasaPound e candidato alle Regionali del Lazio, Simone Di Stefano, a smontare la semplificazione giornalistica: «Nessuna alleanza, semplicemente buon senso nell’interesse della nazione. Dovrebbe far riflettere innanzitutto gli elettori il fatto che il Movimento 5 Stelle, come tutte le forze che, pur partendo dai presupposti più diversi, vogliono liberare l’Italia dalla morsa asfittica che la sta soffocando, indichi in Monti e nei suoi vecchi e nuovi complici la vera forza da combattere». “Umani” contro tecnici, insomma. È qui che, forse, sta nascendo qualcosa. Un sentimento trasversale. Finalmente.