«Chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate è punito con la reclusione da 2 a 5 anni». Questa la sanzione stabilita nel decreto Terra dei Fuochi, chiamato come la zona compresa tra Napoli e Caserta dove per anni sono state interrate illegalmente sostanze tossiche e sono stati bruciati senza controllo cumuli di rifiuti con un impatto devastante sulla salute dei cittadini. Dopo le proteste dei comitati spontanei contro l’indifferenza delle istituzioni, le inchieste giornalistiche e le denunce degli ambientalisti il Consiglio dei ministri nella seduta del 3 dicembre scorso ha finalmente approvato il dl che introduce il reato di combustione illecita dei rifiuti.
La prima norma del provvedimento infatti ha l’obiettivo di introdurre sanzioni penali per contrastare chi appicca i roghi tossici, oggi sanzionabili solo con contravvenzioni. Il decreto dà anche l’ok alla mappatura delle aree interessate e si semplificano e accelerano le bonifiche. Si tratta di «una risposta senza precedenti, forte, netta per recuperare tempo perduto» ha affermato il presidente del Consiglio Enrico Letta ammettendo il ritardo dello Stato su una questione di enormi proporzioni.
Nel decreto si afferma che pene ancora più aspre sono previste nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi o se i delitti sono commessi nell’ambito dell’attività di un’impresa e se i fatti sono commessi in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti. Nel testo inoltre è prevista la confisca dei mezzi di trasporto utilizzati per la commissione dei delitti e, alla sentenza di condanna, la confisca dell’area sulla quale è commesso il reato, «se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi». Un’altra novità importante l’ha annunciata il ministro dell’Agricoltura Nunzia De Girolamo: «Qualora non fosse consentito l’accesso alle competenti autorità per effettuare i controlli, quei terreni saranno immediatamente inseriti nelle aree no-food (i prodotti non potranno essere venduti, ndr). Ovviamente, una volta acconsentiti i controlli e verificati i terreni, le stesse aree potrebbero uscire dalla lista no-food».
Problema nel problema, adesso, è stabilire quali aree è possibile coltivare perché non interessate dai fenomeni di inquinamento causati dalle ecomafie. Su questo punto il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando ha spiegato come in una parte nel decreto è stabilita la perimetrazione delle aree agricole interessate (entro 150 giorni tutti i terreni saranno controllati) e «la classificazione dei suoli per sapere se sono coltivabili o meno, sulla base di parametri certi».