Adesso in Grecia si va verso l’introduzione del reato di “opposizione all’Ue”. Non c’è pace ad Atene: dopo l’assassinio dei due militanti di Alba Dorata – rispetto al quale la polizia ellenica ha messo a disposizione il video agghiacciante dell’esecuzione, ripreso da alcune telecamere di sorveglianza per facilitare l’identificazione dei responsabili – è arrivata in queste ore la notizia della possibilità di essere arrestati per chiunque violi le misure imposte dall’Europa. A quanto risulta si tratta di un emendamento del governo, in via di approvazione da parte del Parlamento, che prevede fino a due anni di carcere per chi si oppone ai regolamenti della Ue o alla sua politica estera.
Di fatto si tratterebbe di una potenziale misura bavaglio per tutti i movimenti di opposizione ellenici, di destra come di sinistra. Tutto sta nel comma “a” dell’articolo 458 del codice penale ellenico, emendato lo scorso 24 ottobre, e che adesso recita: «Ogni persona che vìola intenzionalmente le sanzioni o le misure restrittive nei confronti di membri o di entità o organismi o persone fisiche o giuridiche, o le decisioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite o di regolamento Ue è punibile con la reclusione per almeno sei mesi, salvo altra disposizione contenuta in più pesante pena». Se non è un vero e proprio reato di opinione (si parla di violare le sanzioni, non di esprimere dissenso), poco ci manca. Una norma che viene bollata infatti dalle opposizioni come un «accordo che criminalizza il diritto internazionale».
Contro questa opzione liberticida è intervenuta su Il Giornale Ida Magli: «Di fronte a questa normativa, però, noi abbiamo l’obbligo di accantonare le riflessioni sulla schiavitù della Grecia per mettere in luce il conclamato totalitarismo dell’impero europeo. Anche se è il Parlamento greco ad approvare questa norma, essa è diretta espressione delle autorità europee e nessuno si deve illudere che riguardi soltanto la Grecia: si tratta di norme praticamente indispensabili per una costruzione che è stata fatta sulla testa dei popoli e che non potrebbe reggere a lungo senza la dittatura».
Intanto continuano le tensioni ad Atene. Scontri sono scoppiati all’interno e attorno all’ex sede della tv pubblica Ert, occupata da giugno da ex dipendenti licenziati, dove la polizia è intervenuta stanotte per sgomberarla. La televisione di Stato era stata chiusa senza preavviso a causa dei costi lo scorso giugno dal governo di Atene: un ulteriore pegno alla Trojka. Tutto ciò ha determinato più di 2500 licenziamenti e un’indignazione crescente tra la popolazione. A resistere allo sgombero una dozzina di giornalisti licenziati, mentre all’esterno di fronteggiavano con le forze dell’ordine alcune centinaia di manifestanti.
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