«Un mondo di tasse/ scorre via…», cantano gli Afterhours. E queste “larghe intese” sembrano non essere da meno. Prendiamo la legge di stabilità presentata ieri. Annunciata in maniera roboante dal premier Enrico Letta come la grande operazione con cui avviare la ripresa a conti fatti, invece, non contiene misure sullo sviluppo ma nuove tasse sì. Prendiamo i provvedimenti: l’aumento paventato in busta paga – ad esempio – ci sarà, ma di dieci-quindici euro al mese: una miseria che non permetterà alcun effetto positivo sui consumi. Lo stesso Corriere della Sera – più che benevolo con il governo Letta – è costretto a minimizzare il titolo: «Pochi tagli e mini aumenti agli stipendi». Anche il corsivo non è da meno: «Speravamo in una legge di Stabilità di svolta ma non lo è».
Se scendono le risorse annunciate da destinare al taglio del cuneo fiscale (misura fortemente richiesta tanto da Confindustria quanto dai sindacati e sono scongiurati i tagli alla Sanità – sapeva bene palazzo Chigi l’effetto che avrebbero avuto con una manovra “depressiva” come questa – dall’altro punto di vista, quello della pressione fiscale, le novità invece non mancano. “Sospesa” l’Imu arrivano infatti diverse e fantasiose misure comprese all’interno della service tax: sappiamo adesso che sarà la “Trise” – che si affrettano a dire che non sarà l’Imu – a comprendere la tassazione sugli immobili. Solo che le premesse lasciano intravedere un aggravio più che un risparmio per i cittadini, come spiega allarmata la Cgia di Mestre.
Passate poche ore le reazioni del mondo del lavoro non si sono fatte attendere. Tra i rappresentanti dei lavoratori, il più esplicito è Luigi Angeletti: la Uil, ha spiegato, è «certamente pronta a proteste molto forti ed anche allo sciopero contro le misure della legge di stabilità che riguardano il pubblico impiego: dal blocco dei contratti a quello del turn over, dal taglio degli straordinari alle misure sulla liquidazione».
«I passi sarebbero anche nella direzione giusta ma ancora una volta non sono sufficienti per farci ritrovare la crescita», ha affermato il presidente di Confindustria Squinzi. Il provvedimento «non incide realmente sul costo del lavoro. Noi avevamo indicato come priorità assoluta il cuneo fiscale. Cosa fare? Non sono il primo ministro di questo Paese ma vorrei dire che ci vuole più coraggio». Per Squinzi non basta mantenere «lo status quo».