«In un solo colpo ha ridicolizzato l’Arma dei Carabinieri, il Corpo dei Vigili urbani, il diritto amministrativo, la sapienza giuridica del capo di gabinetto, e per finire anche la parola curriculum, ossessione di Marino, di Beppe Grillo e dei grillini, parola sulla quale pedala più che sulla sua stucchevole bicicletta»: lo scrive Francesco Merlo, editorialista di Repubblica, testata acerrima nemica dell’era Gianni Alemanno che, adesso demolisce proprio il primo cittadino di Roma, Ignazio Marino. Merlo mette in fila «tutti i pasticci di demagogia di Marino, comprese le 75 assunzioni nello staff e nell’ufficio stampa», tutte nomine esterne (l’intuitu personae: l’incarico infatti ha carattere fiduciario), che la stessa Repubblica ha definito «una valanga di ex, tutti fedelissimi e una carica di giovani».
Il nuovo staff di sindaco e assessori pesa, stando alle cifre riportate dal quotidiano, ben 4.624.614 euro lordi, comprensivi dunque di contributi previdenziali e Irap. Tra i nominati, sono molti i nomi già cari agli ambienti della politica, molti fedeli del centrosinistra veltroniano e rutelliano. Non mancano neppure Benedetta Cappon, portavoce degli occupanti del Teatro Valle e figlia dell’ex direttore generale della Rai (il Corriere della Sera, per primo, aveva annunciato che “il Comune di Roma assume l’occupante”), e Giulia Calamante, figlia del Calamante assessore alla Mobilità all’epoca di Veltroni. Anche la nomina di Maurizio Pucci, è rimasta sullo stomaco a molti. Pucci, infatti, già noto agli ambienti del centrosinistra, è anche ex ad di Musica per Roma, ex sovrintendente alle grandi opere (tra cui l’Auditorium di Renzo Piano), ex agente assicuratore di Unipol, ex direttore dei cantieri del Giubileo fino al 1999, già dirigente Ama in aspettativa non retribuita, ora nello staff del Sindaco, senza ancora un incarico ben definito.
Un’accusa, cui Marino ha risposto con un comunicato che annuncia il taglio dei costi del personale esterno al Comune, rispetto agli anni dell’amministrazione Alemanno. Bisogna precisare che le nomine non sono illegali: è solo la scelta del personale esterno che fa discutere molto. Se poi questo personale non soddisfa nemmeno i requisiti richiesti dallo stesso Marino, non resta che digerire il boccone amaro e sospirare. Stiamo parlando della nomina di Oreste Liporace a comandante dei Vigili Urbani. Dopo le dimissioni di Carlo Buttarelli, avvenute in luglio in seguito a un diverbio col Sindaco sul tema dell’abusivismo, Ignazio Marino «aveva scelto – continua la caustica penna di Merlo – come nuovo capo dei Vigili di Roma un ufficiale dei Carabinieri (Oreste Liporace, ndr) che ha tre lauree ed è dunque ideale per un ufficio di studi ma, come ha stabilito l’Avvocatura costringendolo poi a dimettersi, non ha sufficienti titoli di comando». Liporace, infatti, personalità di tutto rispetto, non ha alle spalle 5 anni di esperienza dirigenziale, ma solo 9 mesi, conditio sine qua non imposta dal Sindaco Dem, che va avanti per la sua strada: una nuova nomina esterna, quella di Raffaele Clemente, tra i malumori dei Vigili che minacciano lo sciopero.
Morale: Liporace se ne va, Marino si batte il petto e dichiara: «Ci sono stati problemi, è vero, ma di procedura, non di metodo. La responsabilità è soltanto la mia». Il Sindaco, infatti, ha ammesso di aver selezionato personalmente più di 90 curricula, convinto di aver trovato in Liporace l’incrocio perfetto «tra Norberto Bobbio e il generale Dalla Chiesa». «Con questo suo ultimo pasticcio – prosegue Merlo – Ignazio Marino ha esaurito il credito che gli era dovuto perché è di sinistra e perché ha sconfitto Alemanno». Il rapporto con i Vigili Urbani, è stato ulteriormente messo in crisi dalla mancata presenza del Sindaco Marino alla festa del Corpo, che si è svolta il 10 ottobre. Viene da sé, gli assenti, in realtà erano due: il primo cittadino e il Comandante, non ancora individuato. Situazione mai verificatasi prima, come ha raccontato anche Giovanni Vitale, sempre su Repubblica.
A Merlo e Vitale, fa eco anche il Corriere della Sera, con un articolo a firma di Ernesto Menicucci: «Il Sindaco ciclista cammina già in salita. Sono passati quattro mesi dall’elezione di Ignazio Marino, ma la “luna di miele” del chirurgo dem è finita. O meglio, non è mai cominciata». Menicucci, non si riferisce solo alle vicende già esposte, ma anche alla rottura tra Marino e il Pd. «Marino, in 120 giorni, un braccio di ferro dopo l’altro, è riuscito nell’impresa di mettersi tutti (o quasi) contro: il centrosinistra, i sindacati, i commercianti e gli imprenditori», facendo un chiaro cenno alla pedonalizzazione dei Fori Imperiali, «l’unico progetto finora portato avanti dalla giunta capitolina, che ha scatenato le proteste di abitanti e negozianti delle zone limitrofe». Non solo. Intere pagine potrebbero dedicarsi anche alla discarica della Falcognana, che ha sollevato le proteste di molti. Per non parlare del tira e molla con i cantieri della Metro C, che si aprono e si chiudono alla velocità di una porta d’albergo. «La giunta non produce delibere», se non quelle relative alle assunzioni, «e il Consiglio Comunale – commenta ancora Menicucci – di conseguenza, è fermo».