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Segnaliamo due agili ma preziosi volumetti della collana Minima letteraria di Bietti. Il primo è intitolato, Mircea Eliade. Miti delle origini e ritmi cosmici: conversazioni (1973-1984). Il testo è stato curato da Horia Corneliu Cicortaş e Andrea Scarabelli (pp. 71, euro 4,99, ordinabile su Amazon). Il secondo scritto, curato dal GRECE Italia è, Alain de Benoist. L’ideologia dei diritti dell’uomo (pp. 57, euro 4,99, ordinabile su Amazon). Muoviamo dalla presentazione del primo testo. Il volume raccoglie quattro interviste allo storico delle religioni Mircea Eliade, realizzate tra gli anni Settanta e gli Ottanta (l’ultima è datata 1984) ad opera dell’indologo Jean Varenne, del filosofo Alain de Benoist e degli scrittori Alfredo Cattabiani e Fausto Gianfranceschi, nomi illustri della cultura non conforme.
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Le due interviste degli intellettuali francesi sono, peraltro inedite. Il pregio del testo va individuato nel fatto che in queste conversazioni è condensato l’universo ideale dell’illustre studioso romeno. Nell’intervista di Varenne, Eliade ricorda i suoi interessi giovanili per l’India e lo yoga, che presto lo indussero a occuparsi della religiosità cosmica. In tale religiosità, manifestatasi a partire dall’età neolitica quale unità fondamentale di quell’antica cultura: «il sacro si manifesta tramite il sentore umano dei ritmi cosmici» (p. 19). Questa concezione è alla base dell’intuizione eliadiana dell’esistenza di una morfologia religiosa, in forza della quale, come viene ricordato nell’intervista, egli prese le distanze dallo strutturalismo di Lévi-Strauss.
Lo storico delle religioni di valore deve penetrare nell’universo emotivo delle culture sulle quali si interroga, mosso finanche da empatia, lasciandosi alle spalle la visione del mondo sorta dalla ratio moderna. Presso la civiltà antica ma anche nelle culture “primitive”, il mito centrale è quello cosmogonico cui, alla fine dei tempi, succede l’escatologia: «che annuncia il ritorno degli antenati mitici o l’avvento del messia» (p. 23). Eliade ribadisce di intendere il mito quale verità assoluta. Pertanto critica aspramente i tentativi di demitizzazione propri di esponenti della teologia contemporanea. Questi, in primis Bultmann, hanno assunto il termine mito in un’accezione negativa, traducendolo con “favola” o “illusione”, tradendone la valenza originaria. Il sacro, rileva Eliade, rende l’uomo edotto: «dell’esistenza di un mondo reale e significativo» (p. 28), consentendo di cogliere il senso profondo del reale. Lo studioso è del pari convinto, con Teilhard de Chardin, che la demitizzazione è inscritta, in qualche modo, nella stessa storia mitica, in quanto la “sostanza” mitica è eterna ma le sue manifestazioni esteriori, le “forme”, sono transeunti. Alla luce di tale asserzione, l’intellettuale romeno ebbe chiara contezza del ruolo positivo che la disciplina storico-religiosa avrebbe potuto svolgere nella costruzione del futuro dell’uomo europeo. Con la storia delle religioni: «si rivive – tutto ciò che l’uomo è riuscito a immaginare per sopravvivere e trasformarsi in un essere creatore» (p. 31).
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Nella conversazione con de Benoist, avvenuta il 24 febbraio 1979, Eliade esplicita la consonanza teorica con Dumézil in merito agli studi di indoeuropeistica. Tale consonanza sorse dalla necessità di sintetizzare l’approccio “genealogico” di Dumézil al religioso con quello morfologico del romeno. Sostiene, inoltre, il Nostro, che la religiosità cosmica: «Respinta dal giudaismo […] esiste sempre» (p. 43), essendo sopravvissuta nelle tradizioni popolari e nel folklore. Da ciò discende l’asserzione di Eliade che chiude l’intervista: «al giorno d’oggi la nostra civiltà ha più possibilità di rinnovarsi di quante non ne abbia ma avute prima» (p. 46). Medesimi temi emergono anche dalle conversazioni con Cattabiani e Gianfranceschi.
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L’ideologia dei diritti dell’uomo raccoglie due interviste di Alain de Benoist, rilasciate rispettivamente a Maurizio Messina e a Catherine Robinson e pubblicate nel 2004 su riviste. In Appendice compare un’intervista dello stesso Messina a Danilo Zolo. Le tesi sostenute dal filosofo francese sono di stringente attualità. De Benoist mette sotto accusa la sacralizzazione dei diritti dell’uomo, tutt’ora imperante. Chi provi ad opporsi a tale nuova religione viene ostracizzato, marginalizzato culturalmente e politicamente. Tale fede laica è stata costruita su un “tirannico ipertrofismo morale”, e viene brandita come arma per screditare uomini o regimi politici non conformi al sistema dominante. Titolare di tali pretesi diritti “universali” è un individuo dimidiato, atomizzato. Più precisamente: «Tale visione del mondo si rifà a un chimerico Uomo» (p.13), che dovrebbe essere la “sostanza” di tutti gli uomini esistenti. È uomo naturale, che prescinde dagli uomini “particolari”, formatisi in culture e tradizioni differenti tra loro. È prodotto dello sradicamento messo in atto dal liberismo e dalla globalizzazione economica. La vita umana, al contrario è, ab origine, storico-sociale, costruita su valori condivisi. Essa si sviluppa in un ambiente comune, in un’heimat, nella quale si è radicati. I diritti dell’uomo e la conseguente religione su di essi costruita, ha costituito: «il grimaldello della borghesia per aprire (aprirsi) le porte del potere» (p. 14). L’uomo cui si guarda nella società globalizzata odia le differenze, le frontiere, è deprivato di qualsivoglia qualifica gli derivi dal passato.
È necessario, per de Benoist, recuperare il nostro “fondamento” storico, in quanto solo appartenendo a una civiltà data si entra a far parte dell’umanità. Quella debenoistiana è ottica pluralista, centrata sulla pratica della cittadinanza attiva atta a farci riconquistare la dimensione comunitaria tacitata e censurata dalla religione dei diritti, la cui matrice è indubitabilmente illuminista.