L’Agesci, associazione guide e scout cattolici italiani, è stata fondata nel 1974 e conta attualmente, secondo il proprio sito web, “182.000 soci”. Si tratta di una “iniziativa educativa liberamente promossa da credenti” che usa il metodo scout del grande Baden Powell con il nobile scopo di aiutare “i giovani di tutta Italia a crescere, come buoni cittadini e cristiani”.
Il Cesvi invece si presenta come una “organizzazione laica e indipendente”, la quale “da oltre 35 anni opera in 23 paesi del mondo”, sostenendo “interventi in risposta a emergenze umanitarie”.
Dal 2017 si occupa anche di scuola e ha “attivato un programma nazionale di prevenzione e contrasto al maltrattamento”. In tale logica ha prodotto una brochure di 80 pagine, intitolata “Mascolinità plurali. Dagli stereotipi alla libertà di essere”.
L’autore del fascicolo è Giuseppe Burgio, “professore di Pedagogia Generale e Sociale all’Università di Enna”, ma ad esso hanno collaborato altre associazioni.
Il documento è un lungo e argomentato manifesto in favore della teoria del gender in cui l’apparente pacatezza dei toni nasconde malissimo la volontà di promuovere l’ideologia pansessualista attuale, criminalizzando il maschio in ogni modo possibile, e propagandando apertamente l’illusione del sesso a scelta.
La cosa più assurda e inconcepibile è che il documento, distante anni luce dell’antropologia classica e cristiana, sia proposto da un sito ufficiale dell’Agesci, quello della “Route nazionale 24” dedicato alla “Comunità dei Capi”.
Ma cosa contiene esattamente il dossier? Contiene tutto quello che l’ideologia del gender è giunta a concepire, per far evolvere i bambini nel senso voluto dalle lobby Lgbtq. “Ideologia del gender” che ancora ieri papa Francesco ha definito “il pericolo più brutto” di oggi, perché “cancella le differenze e rende tutto uguale”, mentre “cancellare la differenza è cancellare l’umanità”.
La prima parte fa una sintesi del rapporto tra i due sessi e spiega il senso di una proposta (dis)educativa che dovrebbe essere adottata dalle scuole. Nella seconda parte, ci sono alcuni percorsi arcobaleno (percorso rosso, percorso blu, verde, lilla, arancione) che spiegano concretamente cosa proporre alle classi per “superare gli stereotipi”.
Secondo la visione binaria e manichea degli autori, vivremmo “in una società maschilista, caratterizzata da disuguaglianze e violenze, da misoginia e omobitransfobia”. Strano però che una società maschilista, tanto per dirne una, dia più importanza al femminicidio rispetto ad un banale omicidio: ma è inutile voler criticare l’ideologia dell’ideologo, è come sottrarre la bottiglia all’alcolista.
La società maschilista, concedono gli autori, “non dipende affatto” dai “cromosomi XY”, né dal “testosterone che caratterizzano noi uomini”. Ma deriva, banalmente, dal “patriarcato”, che sarebbe un sistema che ci “costruisce come uomini e donne con particolari caratteristiche, complementari e messe in una gerarchia di dominio” e che “concede a noi uomini una serie di privilegi, ma anche una serie di limitazioni”.
E questo sistema, che però stranamente da secoli produce principi come “la legge è uguale per tutti”, conduce “necessariamente al machismo, agli stupri, ai femminicidi, agli omocidi (testuale)”. Esattamente quel che ha dichiarato la sorella della povera Giulia Cecchettin. Non è che il balordo assassino ha ucciso la povera Giulia perché era un criminale senza valori, ma perché era un “figlio del patriarcato”. Quindi il singolo autore di stupri e di violenze è quasi scusato, la colpa è del sistema che condurrebbe gli uomini alla violenza sulle donne.
“Quella disuguaglianza che fonda e giustifica il dominio degli uomini sulle donne viene infatti introiettata da noi uomini”, senza neppure esserne consci, “diventando per noi un principio ordinatore che entra a far parte della nostra identità e rappresenta il metro stesso di misura della maschilità”. Capito? Più picchi le donne e più ti senti un vero uomo: tutti i maschi infatti ragionano così al bar.
Il “toolkit educativo”, nella seconda parte, tende ad annullare le differenze biologiche attraverso percorsi di formattazione scolastica ad hoc. Si tratta di “favorire modelli di maschile e femminile non stereotipati” (p. 46). Anche per combattere “l’unica categoria non insultabile”. Che sarebbe, e qui si sfiora l’acme, “quella dell’uomo bianco, autoctono, giovane, senza disabilita, eterosessuale” (p. 50). Scrivere ciò la dice davvero lunga sul realismo degli autori (cf. G. Guzzo, Maschio, bianco, etero e cattolico. L’uomo colpevole di tutto, 2023).
L’obiettivo ultimo degli “educatori” gender è quello di correggere la natura, rifare il maschio e rivoluzionare da cima a fondo la società, in modo da renderla (ancora più) fluida, caotica, orfana di padri, senza identità e valori stabili. E questa ideologia mortifera sta contagiando sia la Chiesa che la società civile. La Cei e Giorgia Meloni intervengano presto per proteggere la famiglia, – padri, madri e figli – altrimenti il domani sarà senz’altro peggiore dell’oggi.
Una volta si diceva, scherzando, che gli scout sono bambini vestiti da cretini guidati da cretini vestiti da bambini.
Oggi c’è poco da scherzare…