Vi sono notizie che vanno aldilà della mera cronaca politica e come tali non appartengono al volatile stormo di quelle effimere, ma si pongono come boe segnaletiche delle tendenze collettive di lungo periodo. Su questo piano, ancora una volta nella storia, la Francia si pone all’avanguardia del declino di una civiltà, la civiltà che deriva, da ultimo, dall’impero romano-germanico a forte impronta cristiana. L’inserimento in Costituzione del diritto all’aborto segna incontrovertibilmente, nella sfera pubblica e in quella privata, la fine della credenza nell’aldilà, con il corollario del castigo per chi sbagliò in vita e del premio per chi si comportò secondo i dettami comuni peraltro a tutte le religioni.
L’entusiasmo dei parlamentari che hanno votato quella legge costituzionale (quasi all’unanimità), il compiacimento generalizzato dei mass media, le feste di piazza sono talmente inspiegabili da lasciare stupito perfino chi, come il sottoscritto, da tempo ha preso atto dell’irreversibile processo di secolarizzazione diffuso in tutto il cosiddetto “Occidente”. Come si possa considerare un diritto quella che è una tragedia, riesce difficile da spiegare: in un mondo che si preoccupa di salvaguardare le api e le tigri di Sumatra, solo poche voci – e fra queste, gliene va dato atto, quella di papa Bergoglio, per una volta sgradito al mainstream – si levano a deplorare quell’iniziativa legislativa. A quelle creaturine che ogni tanto ci vengono mostrate nella loro tenera mostruosità che le fa assomigliare a dei minuscoli ET, nessuno vuol riconoscere il diritto fondamentale: quello alla vita.
Dunque, oltr’Alpe cambia formalmente il patto fondativo della civile convivenza, nel nome del desiderio del singolo, del bisogno economico, delle condizioni sociali (ma in realtà qui la politica non fa che adeguarsi al comune sentire, non solo in Francia). E non c’è welfare che tenga: si fa davvero poco, anche in un paese dalla generosa protezione sociale e dall’efficace sostegno alla natalità come la Francia, per aiutare le donne in difficoltà di fronte a una gestazione non voluta (saranno poi da valutare le modifiche normative correlate, ad esempio in materia di obiezione di coscienza dei medici).
Del resto, la deriva laicista sulla quale scivolano verso un abisso chissà quanto lontano l’eutanasia come scelta volontaria di por fine alla propria esistenza terrena e in generale la stessa cultura del desiderio – di qualunque desiderio – come diritto, ha ormai travolto non soltanto strati sempre più vasti della società, ma la classe politica nella quasi totalità. Provate ad avanzare in Italia – dove pure c’è un governo di centrodestra formato anche da politici sedicenti cattolici – l’ipotesi di qualche magari blanda modifica alla legge 194 del 1978: quando è corsa una simile voce, si è scatenato un tale uragano da suscitare immediate e spaurite smentite.
Sempre più, la nostra epoca si caratterizza come quella della ricerca della felicità qui e ora, del presente che ignora passato (si pensi alla cancel culture) e futuro (almeno quello dell’oltre vita: il futuro del pianeta e tutte le statistiche e le previsioni sulla denatalità e il degrado ambientale sono invece ben presenti nel dibattito pubblico). In tutto questo, si resta attoniti di fronte alla diabolica coerenza dei singoli eventi, tanto da superare ogni improbabile ipotesi complottistica, ma da far riaffiorare arcaiche visioni deterministiche (del tipo da “età dell’oro” a “età del ferro”, per intenderci).
Sembra allora un segnale in controtendenza quello che ci viene proprio dalla Francia, che ha cominciato a sbandierare il restauro non lontano di Notre Dame, anni fa devastata da un incendio che non pochi interpretarono come un simbolo e un castigo biblico; in realtà, alla luce di quanto si è appena visto, quella doverosa opera di recupero risponde più all’inveterata ambizione di grandeur che non alla volontà di ricollegarsi alla storia di quel paese, che con il suo re Clodoveo conobbe la primogenitura nelle conversioni di massa dal politeismo al cristianesimo e che annoverò grandi santi, martiri e impavidi difensori della fede, da Dionigi a Giovanna d’Arco, dai comandanti vandeani a Bernadette e a Teresina di Lisieux.
In marcia verso il nulla? Certo non sta solo a noi, ma non ci si può arrendere: in noi deve tornare come stella polare l’antico binomio “pessimismo della ragione, ottimismo della volontà”.