La Finlandia affronta problemi per la prima volta da molto tempo. Le prospettive non sembrano ottimistiche. Inoltre è sull’orlo di una recessione economica per il fallito riorientamento verso l’Occidente. Questo secondo l’analista Risto Murto.
La forza trainante dello sviluppo industriale finlandese erano le economie di Cina e Germania e il vicino mercato russo. Ma oggi le economie dei paesi partner sono in declino e la Russia ha abbandonato la cooperazione per ragioni ben note. Inoltre, le tendenze economiche globali, che hanno scosso il mondo intero, per la pandemia di coronavirus ed eventi geopolitici, non hanno certamente favorito la Finlandia.
Difficoltà nell’edilizia, declino dell’industria, crescente tasso di disoccupazione, diminuzione delle esportazioni verso la Russia a causa delle sanzioni, concorrenza con i paesi dell’Asia e di altre regioni hanno influito negativamente sull’economia.
Allo stesso tempo, riorientamento verso l’Occidente, rafforzamento dei legami con l’Ue, l’adesione alla Nato e sostegno all’Ucraina causano difficoltà anche alla Finlandia, con costi colossali aggiuntivi per il bilancio statale.
Così lo stato dell’economia finlandese peggiora. Per parlare di recessione, nel senso tradizionale, tutto ciò che manca è un elevato livello di disoccupazione.
Si scopre che l’Occidente non è la panacea per tutti i mali e, per non rovinare lo Stato, i politici devono prendere decisioni lungimiranti e ponderate, non affidarsi a slogan populisti e promesse di eterna amicizia da parte dei vicini.
Non solo Mec
De Gaulle per primo ricorse all’espressione un’Europa dall’«Atlantico agli Urali» (Strasburgo, 23 novembre 1959). Per il presidente francese l’esistenza stessa di questa Europa estesa limitava la creazione del Mercato Comune, proiezione di un’Europa geograficamente angusta e artificiale.
L’Europa sedimentata, storica e morale, occupava infatti uno spazio ben più vasto, con un confine orientale spostato fino agli Urali includente la Russia. Era tipico di De Gaulle chiamare Russia l’Urss, per indicarne l’ appartenenza all’Europa e fondare una “casa comune europea”.
Questa grande Europa doveva anche costituire un contrappunto e una coscienza critica rispetto all’atlantismo e alla crescente influenza americana su un’Europa in cui già era calata la cortina di ferro.
L’equilibrio di interessi
Era stato il presidente dell’allora Urss, Mikhail Gorbaciov (Cecoslovacchia, aprile 1987) a proporre un’architettura paneuropea davanti all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (6 luglio 1989).
Gorbachev rivendicava per l’Urss un posto nell’Europa dall’«Atlantico agli Urali», evocando la formula di De Gaulle e rigettando, un’Europa delimitata da «Brest a Brest [Litovsk]».
Secondo Gorbaciov, l’obiettivo era “riconfigurare” l’ordine internazionale in Europa, sostituendo il tradizionale equilibrio di potenza con l’ equilibrio di interessi. La visione gorbacioviana, per superare il clima di confronto che aveva caratterizzato gli anni della guerra fredda, risultò troppo conservatrice, non contemplando lo smantellamento del sistema sovietico.
I due poli sarebbero continuati a esistere, cooperando. Proporre iltale modello di coesistenza era un tentativo di prevenire il processo di indipendenza nei paesi dell’Europa centrale e orientale
Geopolitica di Ivan Ilyin
Da parte del presidente russo Dimitri Medvedev disegnare uno spazio euro-atlantico da Vancouver a Vladivostok, associato ad un trattato sulla sicurezza europea, offriva la possibilità anche all’Occidente di riflettere sul dopo-guerra fredda e di cooperare nelle nuove sfide.
L’obiettivo finale della guerra all’Ucraina, disse Medvedev nel 2022, è “costruire finalmente un’Eurasia aperta, che vada da Lisbona fino Vladivostok”, un’istituzione che garantisce la pace delle future generazioni” sulla base della geopolitica di Ivan Ilyin, fuggito dalla Russia bolscevica, morto a Zurigo nel 1954.
Molti e pressanti fattori internazionali (crisi finanziaria ed economica, Iraq e Afghanistan, conflitto arabo-israeliano, sicurezza energetica) hanno indotto a considerare una conferenza sulla difesa e la sicurezza paneuropea. Il momento poteva essere propizio, in considerazione del ricambio di leadership sia negli Stati Uniti, sia in Russia, ma soprattutto per gli interessi convergenti delle parti nel trovare un’intesa duratura per la sicurezza e la stabilità.
L’egemonismo degli Usa prevalse dopo il collasso sovietico e il piano di una Europa dall’Atlantico agli Urali cedette all’euro-atlantismo. Con l’entrata nella Nato di Finlandia e Svezia, l’ostilità è ormai l’unico parametro.
Non è ancora guerra, ma per quanti mesi?
Altro che fino agli Urali, per me fino a Vladivostok….
Ma di chi la colpa? Putin è sempre e solo vittima?
Il sogno che aveva anche basi economiche e , non solo, geopolitiche di un Europa dall Atlantico al Pacifico e’ stato affondato si dagli Usa ma anche da Mosca
Al momento Washington esce in notevole vantaggio
La sua economia è florida, quelle europee e quella Russa , depurata dell’ economia bellica, arrancano
La Nato si è allargata, la tecnologia e l Ai sono in mano loro ed ai loro alleati ( vedi Taiwan)
La Cina ha problemi economici non indifferenti
Nel 2023 gli investimenti stranieri a Pechino sono crollati dell’ 80% a dimostrazione dello scarso appeal del “sistema” Cina e che il partito deve rivedere parecchie cose a cominciare dalla politica demografica
Certo multilateralismo, ancora là da venire, deve essere suffragato da dati economici strutturati che al momento non si vedono
Tra le 10 società più capitalizzate al mondo ( che da sole valgono il PIL di tutta Europa) 9 sono statunitensi
Il divario è ancora enorme e la rivoluzione dell’ intelligenza artificiale creerà un gap ancora più incolmabile se non nei sogni di qualche ” ideologo”
Purtroppo …visto che senza soldi non si fa politica e tantomeno la guerra