“La versione di Giorgia” edito da Rizzoli scaturisce da un incontro fra l’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni ed Alessandro Sallusti, direttore de “il Giornale”. Accade che, poche settimane dopo l’insediamento a palazzo Chigi del neo premier, l’auspicio del noto giornalista, “Peccato che un presidente del Consiglio in carica non possa pensare di scrivere per raccontare i suoi progetti”, venga immediatamente accolto dall’interessata. Nasce così una conversazione fatta di domande e riposte che toccano i temi del momento.
Il temi del libro
Dalla difesa “della famiglia intesa come l’unione tra un uomo e una donna quale cellula vitale della società”alla tutela “dei non garantiti”; dalla urgente riforma istituzionale a quella fiscale; dalla guerra in Ucraina al rapporto con l’Europa; dal tentativo di creare a livello continentale un’alleanza popolari-conservatori relegando all’opposizione i socialisti al contrasto dell’immigrazione clandestina; dalla difesa della natura al Piano Mattei, una grande opportunità per l’Italia ma anche per i popoli africani che non devono essere sfruttati e depredati; da un robusto piano di investimenti per favorire la crescita alla incentivazione dello spirito di iniziativa presupponendo che “la ricchezza non la produce lo Stato, ma imprese e lavoratori”; Giorgia Meloni delinea un Italia che torna ad essere protagonista nel mondo ascoltando e facendosi ascoltare, nel rispetto reciproco, dagli interlocutori esteri. Naturalmente, la Versione può essere confutata in primo luogo dalle opposizioni, anche se di queste al momento non vi è traccia.
Una donna a Palazzo Chigi
Il libro parte da una novità: per la prima volta nella Storia d’Italia una donna, per giunta di Destra, è diventata Presidente del Consiglio; nessuno ci avrebbe scommesso trenta, venti, cinque anni fa. Eppure, la imprevedibilità della Storia riserva sempre delle sorprese. Certo non è impresa facile, per chiunque governi, reggere attualmente le sorti di un Paese il cui sistema politico-istituzionale, rivelando strutture portanti obsolete e fatiscenti, anchilosate, per di più con legislazioni inadeguate, necessita di radicali e radicate riforme. Poiché una larghissima parte dei cittadini avverte sempre più la inesistenza dello Stato, per il presidente del Consiglio solo “ripristinando lo Stato di diritto” con “regole che valgano per tutti allo stesso modo” non ci saranno “cittadini di seria A e cittadini di serie B”.
La sfida della stabilità, basta tecnici
Obiettivo principale di Giorgia Meloni è “la stabilità dei governi e la garanzia che siano gli italiani a scegliere chi governa la nazione”; il tutto regolato dalla elezione popolare del Premier. Quindi addio a governi tecnici e da quelli dei ribaltoni frutto delle ripetute consorterie di palazzo, per nulla rappresentativi della volontà popolare.
Proprio in politica estera si registrano le dolenti note ma, paradossalmente, più per chi attacca Giorgia Meloni ed i partiti che governano. Accusati di essere inaffidabili a livello Nato e di istituzioni europee, non appena il governo ha aiutato l’Ucraina moltiplicandone le risorse è scattata l’accusa di “essere schiavi degli Usa”. Il premier contesta queste critiche sottolineando di non essere “mai stata schiava di una potenza straniera”. La storia della destra, inoltre, racconta che, perfino il Msi, fin dal 1949, anno in cui l’Italia entrò nell’Alleanza Atlantica, si caratterizzò come partito filo-atlantico pur annoverando al proprio interno una opposizione alla Nato.
Quanto all’Europa, lo stesso Msi ha sempre avuto i propri rappresentanti al parlamento europeo sia in forma designata ovvero quando erano i Parlamenti nazionali ad indicarne i membri, sia con l’avvento – giugno 1979 – delle elezioni a suffragio universale diretto, in testa il segretario Giorgio Almirante eletto per due legislature.
A proposito dell’attività del capo della Destra italiana nella massima Assise continentale anni fa, discorrendo proprio di Almirante con l’onorevole Tullia Romagnoli Carettoni, già vice presidente del Senato ed ex deputata europea del PCI, la nota partigiana ed esponente comunista, ebbe a riferirci:
“Almirante era un ottimo parlamentare europeo, molto equilibrato e sempre attento ad un’ottica che legasse in senso positivo gli interessi italiani ed europei. Fu con me sempre molto cortese e mi fu d’aiuto nella relazione sull’industria calzaturiera la quale soffriva di qualche difficoltà e che cercammo quantomeno di evidenziare”.
Il 14 febbraio 1984, sul finire della I legislatura, il Msi votò favorevolmente all’Europarlamento, che lo approvò a larga maggioranza, il progetto di trattato sull’Unione Europea presentato dal comunista Altiero Spinelli, antifascista e padre del federalismo europeo.
Nel luglio 1984, pochi giorni dopo il rinnovamento dell’Assise, il gruppo delle Destre Europee formato da Msi-Dn, Front National francese, Ethniki PolitikiEnossis greco, al fine di sbarrare la strada al socialista Piet Dankert alla presidenza del parlamento europeo fece confluire i propri voti sul candidato francese democratico-cristiano Pierre Eugène Jean Pflimlin, eletto grazie al voto dei conservatori britannici pressati da Margareth Thatcher che chiese un voto “contro il socialismo in Europa”. Da ricordare l’incontro dell’Eurodestra con Papa Giovanni Paolo II avvenuto a Roma, in piazza San Pietro, il 10 aprile 1985.
Il blocco navale
Riguardo la questione migratoria il premier ribadisce che “il blocco navale” è attuabile nell’ambito di “una missione europea in accordo con le autorità del nord Africa per fermare le partenze”; credendo nel connubio “istruzione e merito” rimarca il ruolo centrale della scuola e dell’università in contrapposizione a quella “famigerata cancel culture” funzionale al pensiero unico. Nella conversazione non mancano i riferimenti alla famiglia, in particolare alla figlia Ginevra, con tutti i sacrifici e le rinunce che l’attività in atto comporta.
In conclusione, ciò che emerge dalle pagine del libro è l’azione a pieno titolo, rivendicata dalla Meloni, di un Governo legittimato dal voto degli elettori; un governo che al termine naturale della legislatura solo gli elettori dovranno promuovere o bocciare, non certo l’establishment fazioso ole lobby dei benpensanti. Un principio che deve valere per tutti i Governi scelti dal popolo.
Basta tecnici ? Ma se il governo, tramite Giorgetti & Co. sta portando avanti pedissequamente l’agenda Draghi ! Certo che non servono tecnici quando i “politici” svolgono i compiti per loro. Il blocco navale europeo, lo abbiamo capito, non si farà mai, quindi avanti con porti aperti, immigrazione incontrollata, stupri, violenze di ogni genere (vedi Catania). Però siamo capofila della missione Aspides, gli Houthi stanno già tremando. Non riusciamo a difendere i confini ma giochiamo alla guerra. Sallusti è un paggetto e nient’altro.
Ok ma troppo poco ANTICOMUNISMO ….era meglio Berlusconi in questo senso…