È trascorsa una settimana dall’annuncio ufficiale di Lewis Hamilton in Ferrari, a partire dal 2025. Il britannico (che sembrerebbe aver firmato un accordo da 2+1) formerà con Charles Leclerc una coppia di grande spessore, almeno nell’immaginario collettivo. Il monegasco aveva da poco rinnovato il suo contratto con Maranello, siglando un pluriennale. Difficile che le trattative e la firma siano arrivate senza sapere nulla del ‘piano Hamilton’. A maggior ragione, considerando l’ammirazione che il Presidente della Ferrari, John Elkann, ha dell’ex pilota della McLaren. Un sentimento, che l’imprenditore nato a New York non mai celato.
Anche per questo, anzi, a maggior ragione per questo, la scelta di Hamilton è molto difficile da decifrare. Il colpo di teatro, secondo alcuni ‘l’ingaggio del secolo’, è in linea con chi, al massimo, ha uno sguardo sul passato. Nessuno sul presente. Figuriamoci sul futuro. Se Hamilton in Ferrari fosse arrivato non già nel 2025, ma nel 2015 (come fu per Sebastian Vettel), gli scenari di medio periodo sarebbero stati indicativi di una certa programmazione. Ora, invece, sarà interessante capire quali scelte saranno delineate da Frédéric Vasseur. La Ferrari, infatti, ha da tempo puntato su Charles Leclerc, facendo del monegasco il vertice e il catalizzatore di un progetto tecnico e sportivo che la riporti al vertice. Invece, tra un anno, ormai prossimo alle 28 primavere, il monegasco avrà bisogno di ulteriori garanzie, visto che comunque Hamilton non giungerà a Maranello per essere un figurante o per limitarsi ad apparire sulle copertine dei rotocalchi.
Il peso dei media
Dal punto di vista mediatico, commerciale e pubblicitario, l’incontro tra la squadra più iconica e immaginifica della Formula 1 e il pilota più vincente (numeri e statistiche alla mano) farà contenti in molti. Liberty Media in primis ma anche i mezzi di informazione e comunicazione – soprattutto quelli italiani, che avranno il loro bel da fare – i quali, sin da ora, avranno un anno intero per preparare il pubblico.
Da pilota McLaren e Mercedes, il classe 1985 ha battuto per ben tre volte, in pista, una Rossa. Nel 2008, vincendo il titolo contro Felipe Massa, a tre curve dalla fine, nel conclusivo Gran Premio del Brasile. Nel biennio 2017/2018, avendo la meglio in entrambi i casi di Sebastian Vettel.
Non sarà facile, visto che l’ormai ex pilota della Mercedes, ha pure dalla sua la vittoria di diversi titoli all’interno di uno dei migliori progetti della storia. Tra il 2014 e il 2020, infatti, eccezion fatta per alcuni frangenti del 2017 e del 2018, la casa di Stoccarda ha messo in pista alcune delle più dominanti monoposto nella storia della Formula 1. Da qui, anche una certa narrativa, corroborata nel corso dell’ultimo lustro, che ha messo in dubbio le effettive doti del pilota. In verità, la formuletta secondo la quale lui stesso “avrebbe vinto solo perché ha avuto una Mercedes dominante”, oltre ad esser priva di qualsiasi fondamento logico, non rende i meriti di uno dei più grandi piloti della sua generazione: 332 partenze, 197 podi, 104 pole position, 103 vittorie, 65 giri più veloci e 7 titoli mondiali (2008, 2014, 2015, 2017, 2018, 2019, 2020) sono numeri che sinceramente si commentano da soli.
Prospettive future
A prima vista insomma, l’arrivo in Ferrari di Hamilton, al posto di Carlos Sainz, non lascia spazio a chiose. Hamilton è ancora oggi uno dei migliori piloti che ci siano, invero più sul passo che non sul giro secco. Come ha dimostrato l’anno scorso Fernando Alonso, se si ha a disposizione un mezzo valido, anche l’anagrafe diventa relativa, oltre al fatto che i piloti di oggi sono sempre più longevi. Sotto questo aspetto, il numero 44 è una garanzia.
Certo, non siamo più di fronte all’Hamilton grezzo ma velocissimo – ancor prima che una vettura da primato assoluto lo trasformasse in gestore – ossia quello del periodo 2007-2012. Un diamante che, da esordiente assoluto, proprio nel 2007 con la McLaren (compagno di squadra Alonso, fresco bicampione del Mondo) avrebbe perso il titolo soltanto all’ultima gara e per un punto. Un purosangue della velocità, nonché “staccatore” formidabile, capace di imprese epiche sotto il bagnato (Fuji 2007 o Silverstone 2008, tanto per citarne due), sebbene piuttosto falloso.
Al tempo stesso, giova constatare che il meglio di sé, il pilota l’abbia già abbondantemente dato. L’inglese sta certamente vivendo la fase discendente della sua vita sportiva e la ricerca di una sfida così grandemente suggestiva, da parte sua, lo dimostrerebbe. C’è anche da dire che Hamilton in Ferrari non sarà soltanto un pilota, ma uno straordinario vettore pubblicitario. Un vero e proprio ambasciatore (ruolo che aveva proposto anche alla Mercedes, ma che si sarebbe visto rifiutare). La possibilità di strappare l’ultimo vero contratto, con un ruolo da stella assoluta, sembrava impossibile da rifiutare. Una scommessa, un’altra nella vita di Hamilton, con un ingombrante precedente.
Alla fine del 2012, il classe 1985 lasciava la McLaren per la Mercedes. In pochi sembravano crederci, visto che all’epoca la scuderia tedesca era discontinua e incostante, lontanissima anche solo dall’essere ritenuta una corrazzata. Il duro lavoro ha dato nettamente ragione al pilota, a Toto Wolff e a tutto l’entourage della Mercedes. A quel tempo, però, il pilota aveva ventotto anni ed era sì considerato veloce, ma ancora, per certi versi, una incognita. Lo schiacciasassi del periodo 2014-2020 – salvo il 2016, perso in volata contro l’allora compagno Nico Rosberg – ha restituito agli appassionati un atleta fortissimo, soprattutto dal punto di vista mentale, abile pure a trovarsi al posto giusto, nel momento giusto.
Le perplessità
Dall’altro lato, ci sono le tante insidie dell’operazione. Si parta con una constatazione di fatto: Hamilton non vince una gara da due anni (dal 2021) e quando si è ritrovato a lottare contro un competitor ad armi pari, ossia Max Verstappen (2021 per l’appunto), il pluri-iridato si è riscoperto fallibile. Altra obiezione: la Mercedes viene da due stagioni – 2022 e 2023 – in cui ha sbagliato il progetto e non ha consentito ai suoi piloti di confrontarsi costantemente per il vertice. È anche vero, però, che quando la scuderia con sede a Brackley ha davvero avuto la possibilità di vincere un Gran Premio, in Brasile (2022) George Russell ha sopravanzato Hamilton in pista, senza ordini o colpi di scena.
È indubbio, come si diceva, che il britannico non abbia più tangibili margini di miglioramento. Porterà esperienza, magari qualche (altro) tecnico da Brackley. Certamente, la Scuderia di Maranello non ha pensato al lungo termine. Nella misura in cui non si conoscono i connotati delle garanzie tecniche ricevute, dal punto di vista sportivo, la scelta di Hamilton parrebbe poco meno che una follia.
Le tempistiche dell’annuncio, per certi versi, sono state ancora più assurde. La Ferrari correrà una stagione intera, la 2024, con Carlos Sainz da separato in casa, trovatosi lo spagnolo messo alla porta, senza che vi fosse mai l’evidente volontà di estendergli il contratto. Sarà dunque impossibile pretendere che faccia squadra fino in fondo, aiutando Leclerc nel momento del bisogno. Almeno per quest’anno, ci sarà una sorta di muro e ognuno dovrà fare per sé. Non proprio il clima ideale.
Se poi, come da più parti paventato, l’indirizzo è quello di considerare il 2024 un semplice passaggio verso l’anno venturo, il rischio di un ulteriore stagione di limbo non è affatto remoto.
Come se i profitti e la borsa fossero due pilastri di una strategia che considera la pista un orpello, se le vittorie fossero un dettaglio, un accessorio.
Orizzonte 2026
Il 2025, a bordo di una Ferrari, sarà la stagione numero diciannove di Hamilton in Formula 1, la prima senza un motore Mercedes alle spalle. Già solo per questo, sarà un ricominciare da zero. In secondo luogo, la Ferrari del 2025 sarà evidentemente costruita intorno a Leclerc. L’apporto che Hamilton potrà dare sarà nullo in fase di progettazione e sviluppo. Al massimo, qualche indicazione potrà arrivare a stagione in corso. È lecito domandarsi se per l’intero 2025, un pilota di quarant’anni – con sette Mondiali in cascina e uno stipendio cospicuo – possa limitarsi a fare il diligente scolaro, in attesa della sua occasione.
Va rimarcato, tuttavia, che gli stili di guida di Leclerc e Hamilton siano abbastanza simili: entrambi prediligono un anteriore preciso, a fronte di un posteriore più scarico, sovrasterzante (nel 2007, quando ancora c’era il controllo di trazione, l’inglese ricercava il sovrasterzo già a centro curva, per poi ritrovarsi in uscita già con la macchina dritta, senza ulteriori correzioni). Questo potrebbe senz’altro aiutare, in prospettiva, i tecnici di Maranello.
Nel 2026, poi, in Formula 1 arriveranno nuovi regolamenti tecnici (motori, aerodinamica). Tutti ripartiranno alla pari, senza grandi riferimenti. Decisivo sarà il lavoro in fabbrica.
Che Hamilton in Ferrari non sia soltanto una ‘questione di sport’ è evidente. Che in Ferrari, tuttavia, si auspicasse la programmazione di scelte più lungimiranti e più soppesate, è altrettanto legittimo ritenerlo. Le risposte agli interrogativi, come sempre, arriveranno soltanto dai circuiti.
Il conto alla rovescia verso il 2025, comunque la si pensi, è già partito. Il futuro, almeno per appassionati e gli addetti ai lavori, non è mai stato così atteso.