Gli agricoltori di mezza Europa sono infuriati e hanno ragione: lo scandalo c’è da anni. Per anni hanno coraggiosamente cercato di resistere. Per anni li abbiamo visti morire in silenzio, senza dire, né fare nulla, come se ciò fosse normale.
La sovranità alimentare, così come quella sanitaria ed energetica, care a Charles de Gaulle, sono tornate finalmente in primo piano. I cittadini del mondo si sono resi conto che il pianeta potrebbe cessare di essere lo spazio di libera circolazione e libero scambio su cui abbiamo costruito, per mezzo secolo, l’illusione di una crescita infinita e le basi del disastro climatico.
Nelle città durante il lockdown, chi poteva ha riscoperto la campagna, le professioni utili, le persone che non cercano la gloria e fanno funzionare il Paese. Era il tempo delle promesse. Abbiamo immaginato il famoso “prossimo mondo”, più pulito, più sano, più in sintonia con la natura, abolendo lo sterile scisma tra campagnoli e cittadini, ristabilendo i connessioni, la prossimità, l’aiuto reciproco e il prezzo equo del cibo, del lavoro, come quello del bene. Ma i sogni sono svaniti e anche i buoni propositi. Come siamo di memoria corta! Non si sono fermate le vessazioni amministrative, né la concorrenza sleale, né la stigmatizzazione, né i prezzi di acquisto vergognosi, quando, all’altro capo della catena commerciale, per i consumatori è esplosa l’inflazione La Francia ha costruito la sua grandezza su terre straordinariamente varie, ricche e fertili, su splendidi paesaggi e su coloro che li preservano. La Francia brilla all’estero per la ricchezza dei suoli e della gastronomia. Come l’Italia. Niente di tutto questo esisterebbe senza gli agricoltori che ci danno da mangiare. A loro dobbiamo considerazione, rispetto e riconoscimento, a cominciare da quello della pancia. Dobbiamo loro di poter vivere con dignità del proprio lavoro.
*Point de Vue, 31 gennaio 2024