Pietro è figlio di Sergio e fratello di Cesare Castellitto, comprimari di Pietro proprio in Enea; Stefano Sollima è figlio di Sergio, sceneggiatore e regista.
Queste due opere sono parimenti romano-centriche, dunque la dizione in lingua italiana non è il loro primo problema. E nemmeno il secondo.
Sono comunque film di alta professionalità, meno prevedibili della media, qualità notevole per un cinema che Paolo Bertetto definiva “il più brutto del mondo” perfino quando lavoravano ancora Fellini, Antonioni, Lattuada, Risi, Monicelli, Comencini, Lizzani.
In Enea, di cui è anche sceneggiatore, Pietro Castellitto schiera buona parte della sua famiglia, ma non pare che faccia autobiografia. La sua ambizione è ancora essere imprevedibile, ma gli riesce meno bene che ne I predatori.
Il personaggio principale di Enea è costui, un ristoratore romano, che vive ancora in famiglia e che spaccia cocaina. Si sa, i soldi non bastano mai, ma non è evidente perché un giovanotto abbiente rischi tutto per denaro, che poi non pare davvero interessargli. Cerca emozioni? Forse i circoli elitari romani con sede lungo il Tevere, per l’albagia dei loro esponenti, lo snervano tanto da provocargli emicrania ed epistassi.
Il cattivo, anzi il più cattivo della vicenda, è stato appena ammesso proprio in uno di questi ambienti: è il direttore di un giornale. Quando viene inquadrato il suo appartamento, si vede Il Messaggero… Il sospetto è che, più che al direttore, si alluda all’editore del quotidiano.
Le assidue “citazioni” (da Sorrentino, Allen, P.T. Anderson…) erano necessarie? Con 20′ in meno di droni, vedute panoramiche, feste sguaiate, auto fresche di autosalone, infine di un 11 settembre de noantri, il film sarebbe snello. Così com’è, lo spettatore arriva al finale avendolo previsto.
*Enea di e con Pietro Castellitto, con Sergio Castellitto, Cesare Castellitto, Giorgio Montanini, 115′