Cinema. Nella Roma di “Adagio” il ministro adesca minorenni
Il passato che non passa è una situazione logora. Ma Stefano Sollima sa trarre sangue - è il caso di dirlo - dalle rape del soggetto, sostenendo il ritmo, senza renderlo frenetico
I tre ex della banda della Magliana sono buoni. I tre carabinieri sono cattivi. Adagiodi Sollima è un film indirettamente, ma programmaticamente, a gloria della Polizia di Stato. Allo spettatore, le auto azzurre e bianche, quando s’intravvedono, paiono isole in una guerra. L’unica auto (civetta) dei carabinieri è invece veicolo di tortura.
Sollima pare alludere alle Ford Falcon, verde militare, degli squadroni della morte. Anziché Buenos Aires di mezzo secolo fa, vediamo la Roma ‘22, tra canottiere e mezze maniche, contrastanti coi lustrini di un ministro, sovrappeso e travestito.
Succede così che un cieco (Valerio Mastrandrea), indifferente a ripetute mancanze di corrente, vorrebbe morire in pace. Invece viene “sparato” e soffocato. Un canceroso (Pierfrancesco Favino), ligio a una compagna in età, deve a sua volta ricordarsi di essere stato un assassino, per salvare un minorenne, figlio di un finto rimbambito, terzo reduce (Toni Servillo) della banda della Magliana. Il minorenne è infatti coinvolto nel ricatto al ministro (chi ha memoria, capirà a chi si allude).
Il passato che non passa è una situazione logora. Ma Stefano Sollima sa trarre sangue – è il caso di dirlo – dalle rape del soggetto, sostenendo il ritmo, senza renderlo frenetico e arginando il fastidio sia del déjà vu, sia delle immagini riprese da un drone.
Mancano i sottotitoli per i dialoghi, ma fuori Roma gioverebbero.
*Adagio di Stefano Sollima, con Pierfrancesco Favino, Adriano Giannini, Toni Servillo, Valerio Mastrandrea, 127′
Questo sito utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione. Se continui nella navigazione acconsenti all'uso dei cookie.OkLeggi di più