Il clamore per la separazione misteriosa tra Bobo Vieri, Daniele Adani, Antonio Cassano e Nicola Ventola, e per la fine del format storico della Bobo tv ci lascia indifferenti. Poco importante quale sia stato il motivo del dissidio e la nascita di una nuova formula senza il trio escluso.
Era un sorta di Circo Barnum con giudizi tranchant, previsioni tipo mago Oronzo e lessico che superava i limiti di decibel consentiti nel Bar Sport.
Ecco quel salottino di eccessi non ci mancherà.
Il racconto calcistico non acquisisce maggiore vigore o appeal se a praticarlo sono ex calciatori, che eccellono solo e soltanto come “seconda voce” in una telecronaca. L’uso delle ex stelle della serie A come volti tv ha avuto una accelerazione con le pay-tv, che così hanno raccolto abbonamenti tra i tifosi, trasformando i talk sportivi in confronti tra simil curve o tra fazioni schierate.
Andando controcorrente, auspichiamo – davanti ad un insopportabile presenzialismo degli ex calciatori – un ritorno della centralista del racconto giornalistico nel calcio: sono stati i grandi scrittori-giornalisti a fondare un’epica del pallone che ha messo solide radici nel lessico e nell’immaginario nazionale. Perché nel Bar Sport nazionale ci sono senza dubbio i calciatori, ma la narrazione autentica – non lo storytelling commerciale – è pertinenza di chi manutiene le parole. Ovvero i giornalisti (sportivi o meno), giocolieri insuperabili delle sfumature dell’umanità tra stadio e realtà.
Poche righe di Gianni Brera, o di Gianni Mura e Roberto Perrone, o di Edmondo Berselli valgono mille Bobo Tv.