
Sono stato particolarmente lieto che Gennaro Malgieri abbia ricordato su queste colonne uno straordinario scrittore oggi, mi pare, un po’ dimenticato, il norvegese Knut Hamsun (Vågå, 1859 – Nørholm, 1952).
Tempo fa, al termine di una recensione sulla Serie Tv Atlantic Crossing, una lettura del dramma storico sulla Norvegia occupata dalla Germania nel giugno 1940 – e le successive vicende della Casa Reale norvegese, in particolare la storia della principessa Marta di Svezia e del Presidente statunitense Franklin D. Roosevelt – presentata il 25 ottobre 2020 su NRK in Norvegia, poi negli Stati Uniti nel 2021 su PBS, e trasmessa in Italia su Rai Tre dal giugno 2021, concludevo il mio testo su Barbadillo con una osservazione che mi permetto ora di riproporre di seguito, ad integrazione dell’eccellente ricordo di Malgieri (col quale concordo pienamente), forse allora passata un po’ inosservata.
Non sono stati oggetto della narrazione della serie TV i provvedimenti punitivi che vennero intrapresi in Norvegia, dal maggio 1945, nei confronti di migliaia di cittadini accusati di aver appoggiato l’occupazione. Tali accuse colpirono sia gli iscritti al nazionalsocialista Nasjonal Samling (Unione Nazionale), sia semplici cittadini, implicati nella collaborazione con i tedeschi. Delle 95.000 persone arrestate, circa la metà vennero condannate, 17.000 detenute per anni e 37 giustiziate. Non poche, considerando che all’epoca i norvegesi erano meno di 3 milioni. L’effettiva utilità, legalità, crudeltà delle sentenze (non solo la fucilazione del collaborazionista per antonomasia, il Presidente Vidkun Quisling) sono state per anni fonte di dibattiti nell’opinione pubblica.
Quasi naturale sorge un cenno alla vicenda umana di Knut Hamsun, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1920. Nacque nella Norvegia rurale da una famiglia povera, trascorse parecchi anni in America, viaggiando e facendo diversi lavori, pubblicando poi le sue impressioni sotto il titolo di Fra det moderne Amerikas Aandsliv (Della vita spirituale dell’America moderna, 1889). Già sostenitore del nazionalsocialismo, durante la 2a Guerra Mondiale manifestò simpatia al governo filotedesco di Quisling. Alla fine del conflitto fu processato per collaborazionismo. Rinchiuso in un ospedale psichiatrico (l’equivalente occidentale del gulag psichiatrico sovietico, anche se usato in scala assai minore) fino al 1948, come Ezra Pound, quando una perizia medica concluse che le sue facoltà mentali erano state “permanentemente danneggiate”: su tale base fu archiviata l’accusa di tradimento.
Lo stesso Hamsun scrisse di questa esperienza, nel 1949, Per i sentieri dove cresce l’erba. Contro di lui fu avviato, comunque, un procedimento per responsabilità civile e nel 1948 condannato al pagamento di 325.000 corone per l’iscrizione al Nasjonal Samling (partito, peraltro, all’epoca legale!). Che fosse un membro del Nasjonal Samling o no, e se le sue facoltà mentali fossero state o meno “danneggiate”, è tuttora una questione dibattuta. Hamsun affermò di non essersi mai iscritto ad alcun partito politico e morì nella sua casa a Nørholm, a 92 anni, nel 1952.
Dopo la morte di Hitler – al quale, in un colloquio lo scrittore aveva chiesto, invano, di rimuovere il duro, inviso Reichskommissar Josef Terboven – Hamsun scrisse molto ingenuamente, mentre la guerra stava terminando, il suo necrologio sull’autorevole quotidiano conservatore di Oslo Aftenposten:
“Io non sono nessuno per parlare ad alta voce di Adolf Hitler. La sua vita e la sua opera non invitano ad una commozione sentimentale; perché egli fu un guerriero in lotta per l’umanità; un apostolo del Vangelo del Diritto di tutti i popoli. Fu un riformatore del più alto rango. La sua fatalità storica lo portò ad agire in un’epoca di brutalità mai vista, della quale alla fine fu sua vittima. Così ogni europeo occidentale dovrà ricordare Adolf Hitler. Noi che fummo i suoi seguaci, invece, chiniamo il capo di fronte alla sua scomparsa”.
Hamsun era stato acclamato dapprima per il suo romanzo Fame (1890). Per vari critici l’opera precorre le opere di Franz Kafka con il suo monologo interiore e la logica bizzarra. Il suo capolavoro resta Markens Grøde (La benedizione della terra) del 1917, che gli valse il Nobel. Per Thomas Mann, Hamsun egli era ‘discendente di Dostoievski e di Nietzsche’. Per Gorki, Gide, Galsworthy, Wells, Isaac B. Singer e vari altri egli era un maestro, un padre della letteratura moderna. La prosa di Hamsun contiene vivaci, appassionate descrizioni del mondo naturale, con intimi riflessi, delle foreste, delle coste norvegesi, della vita bucolica. È stato collegato al movimento spirituale panteista. Hamsun scorge umanità e natura unite da un forte, mistico legame. Proprio nei toni pacati e nello stile semplice e lineare, tipico di altri autori scandinavi, che conferiscono al romanzo un senso di serenità ed eternità, traspare la sfiducia nella modernità, il timore che il progresso allontani l’uomo dalla sua dimensione più autentica e genuina, quella naturale.
L’autore danese Thorkild Hansen studiò il processo e scrisse Processo a Hamsun (1978), che fu accolto con clamore in Norvegia. Hansen riteneva che il trattamento inflitto ad un uomo anziano (86), candido, onesto, un romanziere, non un politico o un militare, fosse un vero oltraggio. Su tale base, lo scrittore svedese Per Olov Enquist scrisse il suo Processo a Hamsun, da cui è tratto il film Hamsun di Jan Troell (1996). Il famoso attore svedese Max von Sydow, il cavaliere de Il Settimo Sigillo di Bergman, vi interpreta la parte di Knut Hamsun.
Oggi egli rimane un grande romanziere, affascinante e maudit.