Repetita iuvat: Scriviamo “Casa Vannacci” come categoria di articoli volutamente. Non c’è un errore. La querelle estiva ha qualcosa alla Sandra e Raimondo. E ne vogliamo continuare a scrivere anche in maniera scapigliata. Senza irregimentarci in tifoserie. (B.)
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Esiste un “caso Vannacci”? il successo editoriale e mediatico del generale indurrebbe a una risposta positiva, specie se si considera l’inconsistenza del discorso politico – e delle corrispondenti ricette – tanto a destra quanto a sinistra. Premetto che pur essendomi stato inviato il pdf del libro, ne ho letto soltanto l’introduzione dell’Autore e brani di qualche capitolo: quanto basta per essere d’accordo con lui, che più di una volta in tv, si è mostrato sorpreso – quale modestia! – del clamore suscitato dalle sue “banalità”.
A questo punto, vale la pena di dividere il “popolo della destra”, grossolanamente, in due parti: da un lato, gli entusiasti sostenitori del Generale, che in tantissimi ne hanno acquistato il libro – in un paese dove si legge così poco – felici, probabilmente, che qualcuno così in vista avesse il coraggio e l’opportunità di esprimere idee che il cittadino comune non ha l’occasione e/o il coraggio di manifestare nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nei bar (sì, proprio in quei bar citati dispregiativamente dalla sinistra come collocazione ideale di quegli “spropositi”).
Non starò qui a fare la recensione dell’opera di Vannacci, nota nelle grandi linee grazie ai ”talk show”: in questo mi allineo a Marco Tarchi, a mio avviso il politologo più fine e colto del nostro panorama e, per maggior chiarezza, ne riporto lo stralcio di una sua mail sull’argomento:
“Pur avendolo ricevuto da giorni, mi ero ben guardato dal far circolare il pdf del libro di cui tanto si parla da qualche giorno. Per più motivi:
a) ho una mia idea di come vadano affrontate in chiave critica certe argomentazioni “politicamente corrette” – e la sviluppo, assieme agli altri amici, su “Diorama” – e ritengo che, come in questo caso, prenderle sul versante polemico in termini a tratti banalizzanti e rozzi abbia effetti controproducenti;
b) sfogliando qualche pagina, al di là dei toni inadeguati, ho riscontrato alcune convergenze di opinione e altrettante divergenze;
c) fuggo come la peste discussioni inevitabilmente destinate a prendere pieghe umorali.
Poiché però vedo che iniziano ad essere esaltate (vedi “La Repubblica”…) iniziative censorie nei confronti di questo non memorabile scritto, ho deciso di girarlo alla lista, chiarendo che non intendo aprire alcuna discussione in merito e non risponderò, neanche in privato, ad alcun commento in argomento.”
Altro intervento meritevole di commento – stavolta da destra”: Tarchi, pur provenendo da quell’area, da tempo ritiene superata quella dicotomia – è quello di Annalisa Terranova, partecipante a una tavola rotonda organizzata dalla Fondazione “Fare Futuro” il 14 settembre intitolata, significativamente, “Libertà al contrario”. Ne prendo spunto per qualche amichevole osservazione critica, spero utile a quel “discorso pubblico” al quale accennavo. La Terranova, brillante penna del Secolo d’Italia, non nasconde le sue preoccupazioni per il successo di massa del generale, temendo, fra l’altro, che una sua eventuale candidatura alle prossime europee, possa togliere voti a Fratelli d’Italia (non lo dice, ma dovrebbe essere la Lega a portare a termine l’operazione, essendo da escludere altre possibili formazioni, sicuramente al di sotto dello sbarramento del 3 o 4%).
Il fatto è che il best seller di Vannacci mischia le carte di politica e metapolitica, in questo sì contribuendo alla generale confusione. Per grandi e necessariamente grossolane linee, la metapolitica studia i mutamenti di costume e i movimenti di fondo della società, dai gusti alle sensibilità alle idee acquisite e cerca, nei limiti, di supportare la politica, chiamata invece a interpretare, anticipare, governare questi movimenti, sostenendo questo o quel blocco sociale, questo o quel centro d’interessi. Dall’analisi più o meno efficace e corretta della metapolitica scaturisce il consenso e si gettano le basi per la conquista o il mantenimento del potere da parte della politica.
Il libro del generale Vannacci non propone soluzioni politiche, ma fornendo giudizi di valore sui diversi aspetti che stanno caratterizzando la nostra società – l’ambientalismo talebano, la società multiculturale, la legittima difesa, la concezione della famiglia e la cultura gender, l’animalismo, l’idea di Patria e i sistemi fiscali – sembra riallacciarsi a quella tradizione democristiana nella quale ancor oggi affonda le radici la prevalenza di un elettorato genericamente conservatore. Dunque, indirettamente, fa politica (basti pensare alle reazioni stizzite e censorie di giornali come Repubblica o di politici come Bonelli).
Questo sasso nello stagno ha fatto emergere convinzioni e sensibilità che la gente comune – gli avventori del bar e i passeggeri dei treni – ha il pudore se non il timore di esternare e che non vede sufficientemente affermate e tutelate dal centrodestra.
Certo, la pura e semplice esaltazione del “piccolo mondo antico” rischia di dar luogo a battaglie di retroguardia destinate ad essere perdenti, in una congiuntura planetaria che ha individuato il propri idoli nel denaro e nel successo, nel piacere e nell’individualismo, nel laicismo più intransigente, nei diritti a scapito dei doveri e così via. E’ poi comunque vero che l’attacco al Pensiero Unico, di cui quella che viene definita “cultura woke” è parte integrante, non nasce davvero col libro di Vannacci: in questo la Terranova, ad esempio, ha ragione; però è un fatto che proprio la semplificazione – la rozzezza? – delle argomentazioni e dello stile dell’Autore, a differenza del profondo, sofisticato lavorio di tanti che negli anni, ricorda la Terranova, hanno sostenuto battaglie analoghe, stavolta hanno centrato il bersaglio del successo di massa. Vogliamo ricadere nel disprezzo dei numeri, per rifugiarci nella nostra torre d’avorio? E la metapolitica non annovera, tra i suoi fini, quello di far arrivare i suoi messaggi ai mass media?
Purtroppo, la politica della destra italiana, sia pure con l’attenuante delle pressioni continue e diversificate dei più disparati centro di potere planetari, non sembra in grado di contrastare questa deriva, che tanto assomiglia al tramonto di una civiltà; e se per una volta, qualcuno riesce a vendere più di cinquecento copie di un libro magari controverso, magari pieno di spunti anche controproducenti – come teme Tarchi – non andiamo per il sottile. Chi vuole, può ritirarsi nell’erbario jungeriano a coltivare le sue letture preferite o magari può evolianamente cavalcare la tigre della dissoluzione; ma se si vuole pungolare il Principe, anche uno strumento come il libro di un Generale può servire alla buona causa.
La sinistra ha attaccato stizzosamente Vannacci. La destra l’ha fatto meno, con molti distinguo, ma con eguale paura di un suo successo. In effetti la politica italiana avrebbe, credo, soprattutto a destra, un gran bisogno di un Vannacci, ma non so che carisma personale egli avrebbe.