-È un amico dell’onorevole R***? – mi domandò l’impettita segretaria, che mi aveva aperto la porta d’ingresso spingendo un pulsante.
La guardai piuttosto perplesso. Che cosa c’entrava con la difesa dell’ambiente una tale amicizia? Non volli essere scortese e la buttai appena sull’ironia.
-È un requisito indispensabile?
-No, certo – mormorò un po’ spiazzata la ragazza.
-Ma lei chi conosce?
-La moglie… conosco, molto bene, la moglie dell’onorevole R***
L’associazione me l’aveva consigliata Marcella, la mia amica giornalista. Nuove conoscenze, un impegno all’acqua di rosa su tematiche ambientali, delle serate conviviali. Tutto questo mi avrebbe giovato, m’avrebbe fatto passare il magone. L’iscrizione? Una pura formalità! E poi, non mi sarei trovato in linea con i miei interessi di scrittore amante delle escursioni e critico della civiltà?
Per la verità, sono dell’opinione che il buon giorno si veda dal mattino. E l’impressione non era stata delle migliori.
L’associazione aveva sede in un palazzo del centro storico lussuosamente ristrutturato. Sul portone spiccava la targhetta d’ottone dell’associazione che recava scritti a caratteri cubitali: Triangolo Verde. Il simbolo era per l’appunto un triangolo disegnato con linee verde al cui interno, a caratteri piccoli, si leggeva: per la qualità della vita. All’interno moquette rosa e pareti a buccia d’arancia. L’arredamento pretendeva di essere frugale, sedie ed un tavolo lungo di noce in stile rustico. Su di una parete dell’ingresso un quadro del noto artista de Pacu con i suoi colori indefinibili rappresentava la pioggia acida.
-Sei sicura che non si tratti di un ufficio di collocamento? – avevo chiesto maliziosamente a Marcella al cellulare.
-Sei il solito prevenuto. Vedrai, stasera cambierai opinione.
-Sarà! – sospirai nient’affatto persuaso.
– E come si svolgerà la serata?-Prima un rinfresco assai modesto, un’apericena, e poi… una conferenza sugli aiuti al terzo mondo contro la desertificazione. Il relatore, sai, è uno studioso di fama, è… ce l’ho sulla punta della lingua… diamine, non ricordo il nome. Sta scritto sull’invito. Se vuoi…
-No, non importa.
-E mi raccomando, massima puntualità.
Per fortuna conoscevo Marcella. Arrivai all’appuntamento con un’ora di ritardo. Mi finsi seccato, non appena la scorsi un minuto dopo arrivare a spron battuto in un elegante tailleur color sabbia. Era adorabile Marcella con la sua frangetta, i suoi occhi verde acqua fiduciosi, la sua aria da bambina capricciosa e quel suo seno tumultuante nella camicetta bianca e merlettata.
-Per una conferenza! – esclamai simulando meraviglia.
-Guastafeste! Su, andiamo.
All’ingresso devo dire che l’impettita segretaria mi aveva pure fatto obiezioni, non avevo l’abito scuro. Marcella aveva subito fatto la faccia mortificata al posto mio e farfugliato non so che scusa.
-Per questa volta – disse tutta sussiegosa la segretaria – faremo un’eccezione. –Però, almeno la cravatta poteva mettersela!
-Mia cara, devi sapere che sono per la libertà di collo!…
La rivincita se la prese immediatamente, porgendomi due biglietti di partecipazione all’evento al modico prezzo di cinquanta euro ciascuno. Ingoiai il rospo. Aiuti al terzo mondo firmati dall’onorevole R*** con i contributi degli associati! Non ci poteva essere marchingegno più delizioso…
-Non fare quella faccia! C’è il rinfresco…
Marcella era inguaribilmente ottimista. Il buffet, per la verità piuttosto vario e ricco, era posato su di un tavolo posto ad un lato della grande sala per le conferenze, guardato con ostentata indifferenza da giovani rampanti, signorine in cerca di occupazione ed attempati gentiluomini. Un tecnico provava il microfono alla tribuna e capannelli si formavano e si disfacevano in pochi attimi. Sorrisi ad una signora che a sua volta mi sorrideva compiaciuta, mentre incantato guardavo le sue gambe che apparivano a tratti fin quasi all’inguine attraverso lo spacco del suo abito lungo in lamé dorato. Marcella mi diede un pizzicotto e subito dopo mi presentò il dottor Comitella, che magnificava i prodigi della medicina e le nuove tecnologie.
-Il problema – interloquii – è che il progresso ha il suo rovescio, ha un prezzo troppo alto da pagare. Ci stiamo avvicinando ad un baratro.
-Dica, non si è accorto che stiamo tutti meglio? – obiettò una ragazza, abito firmato e rossetto cremisi.
-Questo non vale per tutti, forse è vero per noi occidentali, abbiamo un più alto tenore di vita, ma in compenso siamo tutti più poveri socialmente ed ecologicamente, di verde, di aria pulita, di gioia…
-Ma se viviamo più a lungo! – disse con aria che non ammetteva repliche il dottor Comitella.
-Infatti! Non si può negare il progresso! – gli fece eco banalmente un giovanotto di pelo rosso e mingherlino.
-Vuole per caso tornare alla candela? – riassunse per tutti la ragazza dal rossetto cremisi.
-Signori, che cosa conta di più? Vivere più a lungo o vivere pienamente? – domandai con una punta d’irruenza. – Non vi accorgete che il mondo si è trasformato in un gigantesco supermercato?
-Quisquilie!…
-E il benessere dove lo mette?…
-Lei è un ruralista!…
Queste ultime osservazioni, pronunciate tutte insieme, non mi avrebbero affatto disarmato, se non avessi incontrato lo sguardo supplichevole di Marcella. D’accordo, fiato sprecato. Non buttate le perle ai porci, diceva un antico maestro.
Intanto la rincorsa al buffet era cominciata. Provai ad avvicinarmi. Macché! Peggio di una mandria infuriata. Mi venne in soccorso Marcella che aveva, non so come, agguantato crocchette, crostini e pasticcini.
-Marcella, non ho voglia di sciropparmi la conferenza. Che ne diresti di venire su da me a bere un bicchierino?
-Su, fai il bravo, una mezz’oretta ancora…
Che fare? Non appena l’illustre oratore, preceduto da un lungo applauso, salì sul podio, uscii sul terrazzo. L’aria era umidiccia e satura di gas di scarico. Quatto quatto scivolai verso l’uscita. Anche la segretaria era rapita dall’oratore e non badò affatto a me. Abbassai d’un tratto la leva del contatore e li lasciai al buio. Un piccolo trambusto, imprecazioni, esclamazioni indispettite o stupite, nomi chiamati qua e là.
-Dove ti eri cacciato?
-Quaggiù, ad aspettarti.
Presi Marcella sotto braccio e c’incamminammo. Il tronco di vite che, addossato al muro, si alzava fino alla terrazza del primo piano aveva un’esile rugosa secolare bellezza. Se ne fregava del buio e della luce artificiale.